domenica 25 gennaio 2009

QUANDO GLI EDITORI ERANO “PURI”

E’ in libreria, edita da Avagliano, la biografia di Erich Linder, Il dio di carta, realizzata dal giornalista culturale della Rai di Milano Dario Biagi. Linder, scomparso nel 1983 all’età di 59 anni, è stato per oltre un trentennio il deus ex machina dell’editoria italiana, svolgendo il ruolo di agente letterario per conto della quasi totalità degli scrittori italiani e stranieri del secondo novecento. Un personaggio straordinario, dalla vita incredibile, che ha dominato la scena dell’editoria italiana ed anche internazionale. Con passione e competenza, Dario Biagi ha messo a disposizione di tutti gli appassionati di editoria e quindi dei bibliofili, degli intellettuali e degli operatori del settore, un libro destinato a diventare un oggetto di culto. Si tratta di una fantastica galoppata nell’affascinante mondo dell’editoria italiana del secondo dopoguerra, quando operavano in prima persona personaggi del calibro di Giulio Einaudi, Valentino Bompiani, Arnoldo Mondadori, Angelo Rizzoli (senior, per carità…), Giangiacomo Feltrinelli, Livio Garzanti; scrive Biagi:” Gli anni Cinquanta sono ancora una fase artigianale per l’editoria italiana. Pochi grandi editori dalla straripante personalità dominano la scena e i rapporti sono ancora personali: tra agente e editore e tra editore e autore. A volte fin troppo personalizzati, Linder sintetizza efficacemente le attitudini tra il mecenatesco e il dispotico nella categoria dell’editore-Don Giovanni: ’Vuole sedurre l’autore. E quanto più quello gli resiste, tanto più si sente attratto, invogliato. Non gli importa nulla d’averlo. L’importante è sedurlo; dopo, non gliene importa più’.” Ma Linder amava gli autori più d’ogni altra cosa, al punto di arrivare anche a sostenerli economicamente quando si trovavano in difficoltà, avvenne tra gli altri con Bacchelli e con Soldati; certo, sapeva bene che uno scrittore non si può fabbricare ma teorizzava: “Quello che si può fare (lo può fare un editore, in certi casi lo posso fare anch’io) è di tirar fuori da una persona un libro che la persona ha dentro di sé e di cui non si è resa conto…”. Al sorgere degli anni ’70 Linder si rende conto che i tempi stanno cambiando, le grandi famiglie editoriali saranno destinate a una fine miserevole, fagocitate da gruppi di industriali e mercanti senza scrupoli e senza passione culturale. Lancia un monito contro la tendenza a far scomparire i libri dalle librerie in breve tempo per sostituirli con titoli nuovi, scrive acutamente Biagi: “Qui la posizione del rappresentante degli autori coincide totalmente con quella dell’uomo di cultura…La salvaguardia dell’autore non passa solo per la riscossione della giusta mercede, ma per una vita meno breve in libreria. La battaglia per i cosiddetti libri di catalogo, cioè i titoli che si continuano a vendere anche un bel po’ dopo che sono usciti, diverrà nel tempo uno dei suoi principali argomenti polemici nei confronti dell’industria culturale. Un vero grido di dolore al principio degli anni Ottanta, quando il settantacinque per cento delle vendite dei due maggiori editori italiani, Mondadori e Rizzoli, arriverà a essere costituito da novità e la permanenza dei titoli sugli scaffali si ridurrà a un mese o due in un turnover sempre più frenetico.” Linder vive con gran rammarico la tragedia che travolge la Rizzoli a metà degli anni ’70, quando gli imbelli eredi di Angelo Rizzoli sr raggirati dal direttore finanziario Bruno Tassan Din, faranno risucchiare la gloriosa azienda dal vortice criminale della vicenda P2, Ior e Banco Ambrosiano. E si capisce che altrettanto critico è nei confronti dell’operazione Mondadori-Berlusconi, tant’è vero che quando il cavaliere lo convoca ad Arcore per affidargli in Fininvest il ruolo che sarà poi di Fedele Confalonieri, Linder rifiuterà sdegnato; scrive Biagi: “Dal colloquio Linder uscirà orripilato, schifato dalla pacchiana ostentazione di lusso…”. Il suo declino fisico andrà di pari passo con il declino professionale, qualche anno prima della morte …“…guai economici, bilanci in rosso zavorrano il suo passo. Ma incide anche il disgusto crescente per il contesto, per quel marketing sempre più pervasivo, per la dimensione sempre meno umanistica del gioco, per il degrado del sistema Paese”. Il “Dio di carta” scompare e con lui scompare la figura dell’agente letterario che dirige il sistema editoriale con lo stesso piglio del direttore d’orchestra, con lui scompare, in verità era scomparso oltre un decennio prima di lui, l’editore “puro” cioè quella figura d’imprenditore che traeva i suoi proventi direttamente ed esclusivamente dall’attività editoriale (di cui vari esemplari sopravvivono solo nella fascia della piccola e media editoria), oggi le aziende editoriali sono branche di attività di grandi imprese industriali che operano in tutt’altri settori e paradigmatica è la vicenda della Mondadori che, a causa di intrecci finanziari di dubbia natura, è finita nelle mani di un personaggio come Silvio Berlusconi. Per non parlare della situazione in cui versa il fronte delle librerie, le città sono ormai infestate dai punti di vendita delle grandi catene (Mondadori, Feltrinelli, Messaggerie etc.), che trattano il libro come una scatoletta di tonno, hanno fatto scomparire dagli scaffali i libri di qualità (piccola e media editoria in primis) e sono gestite da personale la cui professionalità è lontana anni luce da quella del libraio-intellettuale che ha fatto la storia e la fortuna dell’editoria italiana; si sta inoltre diffondendo il vezzo di creare, da parte delle grandi aziende, marchi civetta che costituiscono delle vere e proprie foglie di fico per occultare la vergogna dell’allontanamento dei piccoli editori da questi supermercati del libro, sono nate tante nuove sigle che di tanto in tanto sfornano best seller preconfezionati, che sono linee minori delle major che dominano il mercato. A questo stato di cose si oppongono ancora eroicamente le centinaia di piccoli editori che, mutuando lo spirito dei grandi padri, ancora oggi producono editoria di qualità, intercettando autori di valore che, senza il loro aiuto, mai avrebbero la possibilità di veder pubblicate le loro opere; nuovi sistemi di vendita (internet sopra tutti, ma anche la vendita diretta durante le presentazioni o il “porta a porta” degli autori stessi), consentono a questa “editoria pura” di sopravvivere e proliferare mantenendo acceso il lumicino della speranza per una società che di speranze ne lascia intravedere ben poche. Se proprio vogliamo trovare un limite al bellissimo lavoro di Dario Biagi è proprio quello di dare l’impressione al lettore che con Erich Linder sia scomparsa tutta l’editoria di qualità, disconoscendo la raccolta del testimone avvenuta da parte dell’editoria cosiddetta minore.
Franco Arcidiaco
Dario Biagi, Il dio di carta vita di Erich Linder, Avagliano editore
Pagg. 204 Euro 14,50 isbn 978 88 8309 243 5

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