giovedì 5 novembre 2015

ADELE CAMBRIA, L'ARISTOCRAZIA DEL FEMMINISMO

Adele non aveva paura della morte, pensava di vivere ancora a lungo e, fino a pochi mesi addietro, faceva ancora progetti a lungo termine. Avevamo in programma di pubblicare almeno altri due libri. Un giorno parlando della morte di sua madre mi disse: "Se ne è andata a 99 anni, era troppo snob per morire a 100". Purtroppo Adele si è fermata molto prima, anche perché negli ultimi mesi era sempre più angosciata da questioni personali. Si è lasciata andare, tra l'altro per lei nutrirsi era diventata una pratica fastidiosa e spesso tralasciava di farlo...
Adele ha vissuto una vita bellissima, unica, fantastica. Una "figlia di papà" che negli anni '50, ribelle e insofferente alla scialba vita di provincia, si trasferisce a Roma e, in pochissimo tempo, diventa la protagonista della vita culturale e politica italiana.
Adele non è diventata femminista, è nata femminista; per lei il femminismo non era solo la lotta per l'affermazione dei sacrosanti diritti delle donne ma era la lotta per il riscatto dei deboli contro i forti, degli sfruttati contro gli sfruttatori; lei era abilissima nell'intercettare le ingiustizie e nel segnalarle con la sua penna precisa e affilata. Sono state migliaia le iniziative pubbliche da lei condotte che l'hanno consacrata come vera icona dei movimenti degli anni '70.
Leggendari, poi, sono i racconti delle sue lotte, all'interno delle mille redazioni da cui è passata, contro direttori, capi e capetti che poco tolleravano il suo spirito libero. Durante gli anni di piombo, pur di garantire la sacrosanta libertà di espressione, non esitò ad assumere la direzione di "Lotta Continua", l'organo del movimento che si trovava impastoiato fino al collo nel delitto Calabresi che Adele, peraltro, aveva aspramente criticato. Andò addirittura sotto processo, sobbarcandosi responsabilità che non le competevano per nulla!
Quando ci incontravamo rimanevo ore ad ascoltare le sue storie che riguardavano personaggi del calibro di Pier Paolo Pasolini (Un giorno Pier Paolo bussò alla mia porta, mi consegnò il copione di "Accattone" proponendomi la parte di "Nannina la napoletana", quando capii che si trattava di una prostituta glielo tirai in testa… ma poi accettai la parte) o di Elsa Morante che non faceva mai aprir bocca al marito Alberto Moravia dandogli pubblicamente del cretino (e Adele difendeva Moravia).
Adele amava Reggio, ma non è stata mai molto ricambiata dai reggini; negli anni '50 era tenuta alla larga da padri e mariti gelosi e puritani, negli anni '70 dai fascisti che imperversano in città, dagli anni '80 in poi è stata semplicemente dimenticata. La colpa, forse, è stata un po' sua. Era troppo snob per mettersi in mostra...

GIUSEPPE FALCOMATA' RICORDA ADELE CAMBRIA

Adele Cambria ha amato la nostra città in modo viscerale, anche se il suo rapporto con i reggini è stato per molti versi conflittuale; tornava a Reggio solo d’estate per trascorrere le vacanze nella sua spiaggia prediletta a Catona, ma seguiva da Roma tutte le vicende cittadine con attenzione e non mancava di discuterle e di commentarle anche dalle colonne dei giornali con cui collaborava. E’ stata certamente una delle più grandi giornaliste italiane, vera pioniera del giornalismo al femminile con Camilla Cederna e Oriana Fallaci e ha lavorato per tutti i più importanti giornali italiani, per il cinema e per la Rai. Scrittrice, attrice, autrice di teatro e di televisione, è stata tra le fondatrici del movimento femminista nazionale. L’ho incontrata parecchie volte negli ultimi anni e mi affascinava la naturalezza con la quale raccontava innumerevoli aneddoti che riguardavano i più grandi nomi della cultura italiana: Pasolini, Moravia, Morante, Nicolini erano tra i suoi amici più cari e per anni è stata protagonista indiscussa del dibattito politico e culturale italiano. Aristocratica dall’animo popolare non mancava di levare la sua voce ogni qualvolta vedeva in pericolo la libertà d’espressione, arrivando a dirigere il quotidiano “Lotta Continua” al fine di garantirne l’uscita, pur non condividendone la linea politica. Nel suo ultimo libro “In viaggio con la zia”, una via di mezzo tra il romanzo di formazione e il diario di viaggio tra i luoghi della Magna Grecia, immagina di accompagnare le due giovani nipoti alla foce del Calopinace, nell’area del Tempietto appena recuperata, per rintracciare le origini greche della nostra città: “Scendiamo verso la nuova rotonda sul mare… E’ stata l’ultima idea del Sindaco, restituire alla città la consapevolezza delle sue origini… E le origini mitiche di Reggio sono nella tragedia greca, ragazze mie… Venite a vedere il monumento a una vite abbracciata a un fico selvaggio… ”.
Il patrimonio culturale e morale di Adele Cambria non deve essere assolutamente disperso e il compito di questa amministrazione sarà di far si che venga trasmesso alle nuove generazioni con l’ausilio delle istituzioni scolastiche della città metropolitana. La lezione delle lotte degli anni sessanta e settanta, che hanno visto Adele protagonista, deve trasformarsi in un intenso messaggio per i nostri giovani che li metta in condizione di acquisire coraggio e consapevolezza riguardo le scelte future.
Giuseppe Falcomatà


lunedì 2 novembre 2015

QUANDO E’ MORTO PASOLINI…

…avevo 22 anni; avevo superato 11 esami a Scienze Politiche e mi ero incagliato su “Metodologia delle scienze sociali” di don Domenico Farias che non sopportava il mio eskimo e le mie camicie rosse (o forse ero io che non sopportavo la sua tonaca); avevo dunque appena lasciato l’Università perché la voglia di leggere e di studiare quello che mi interessava, era più forte di ogni altra cosa. Poi c’era la politica e quella grande scuola di vita e di pensiero che erano le sezioni del PCI che frequentavo da quando avevo 18 anni. Poi c’era l’etica del lavoro che mi aveva trasmesso mio padre e quella della famiglia che mi aveva trasmesso mia madre. E poi c’era lui, Pier Paolo Pasolini e i suoi straordinari articoli sul Corriere della Sera, e sulle riviste Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova generazione e Paese Sera tra il 1973 ed il 1975 (che sarebbero poi stati raccolti da Garzanti su Scritti Corsari) e su Vie Nuove (pubblicati tra il 1960 e il 1965), si trattava di una rubrica di dialoghi con il lettore, di cui io lessi un’antologia pubblicata da Editori Riuniti nel 1977 col titolo Le belle bandiere.
Pasolini mi aveva portato, dove non erano riuscite a farmi arrivare le altre mie letture, la politica della sezione, l’esempio dei miei genitori. Con lui riuscivo a decodificare la società italiana, i suoi mali, i suoi misteri, le angosce che essa mi trasmetteva. Le sue analisi erano lucide, crude e sincere e… spiazzanti, nel senso che spesso arrivavano molto aldilà di dove mi conduceva il dogmatismo della mia dottrina. Lui era un uomo solitario, costituiva un mondo a parte e si scontrava con quella classe di perbenisti e conformisti che erano i veri responsabili del degrado culturale e sociale. Di Pasolini adoravo il cinema, non amavo invece la sua vena poetica e meno ancora quella narrativa; ma dove lo trovavo insuperabile, anzi direi indispensabile, era nella sua maniera di andare controcorrente, poiché riusciva ad esprimere, con grande coraggio e massima chiarezza, tesi politiche che ancora oggi rimangono di grande attualità. Il suo spirito critico raro e profondo, gli consentiva di trattare tematiche sociali che erano alla base dei grandi scontri culturali dell'epoca, come l'aborto e il divorzio, e che disorientavano i giovani che si avvicinavano in quel periodo alla vita e alla politica.
Pier Paolo Pasolini aveva semplicemente previsto tutto, deriva berlusconiana compresa con annessa dittatura mediatica; ci aveva spiegato chi c’era dietro le stragi di stato e aveva frenato le nostre intemperanze estremistiche. Purtroppo ad ascoltarlo siamo stati in pochi, così come pochi siamo quelli che oggi lo rimpiangiamo.

PIER PAOLO PASOLINI (5.3.1922 - 2.11.1975)

«Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca. »
Pier Paolo Pasolini

LE ULTIME FRONTIERE DELL'ONANISMO

Mondazzoli ha partorito un mostro! Quella macchina che vedete nella foto, collocata nel, peraltro bellissimo, mega store di piazza Duomo a Milano, consente di diventare autore in due semplici mosse: da un lato infili il pdf e dall'altro ritiri il libro. E così gli autori-fai-da-te sono sistemati. Non ho più parole.