venerdì 2 maggio 2014

DALLA DAMNATIO MEMORIAE AL METODO BOFFO

Caro Aldo per la prima volta mi trovo costretto a dissentire da una tua analisi politica. Permettimi però di cominciare con una citazione da Wikipedia: “Damnatio memoriae è una locuzione latina che significa letteralmente ‘condanna della memoria’. Nel diritto romano indicava una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione di qualsiasi traccia che potesse tramandarla ai posteri. Si trattava di una pena particolarmente aspra riservata agli ‘hostes’, ossia ai nemici di Roma e del Senato”. La Damnatio memoriae mi è venuta in mente oggi leggendo il tuo, al solito, brillante editoriale sul “Fattore C” e il “Fattore S” di Scopelliti. La tua ricostruzione del “Caso Fallara” è sorprendentemente lacunosa e fuorviante, ed è allucinante la tua convinzione che il merito della demolizione del Modello Scopelliti sia da ascrivere a un manipolo di delatori manovrati da Raffa e Foti. Essendo certo della tua buona fede e conoscendo la tua grande capacità di analisi, debbo ritenere che anche tu sia cascato nella trappola della Damnatio memoriae che ha colpito l’unico grande artefice della disfatta di Scopelliti che ha un nome e ben due cognomi e si chiama Demetrio Naccari Carlizzi. Quel Centrosinistra reggino che tu bolli come “inchiodato a logiche minoritarie” (non è da te ricorrere a vieti luoghi comuni) non ha mai mancato di contestare in Consiglio Comunale l’operato del Sindaco Scopelliti; i verbali delle sedute testimoniano di quante volte sia stata chiesta invano l’esibizione degli atti riguardanti il bilancio e fa veramente sorridere la linea difensiva di Scopelliti e dei suoi principi del Foro basata tutta sulla circostanza che il Sindaco non era tenuto a sapere. Una sola domanda basterebbe a demolire questa tesi: perché non si è allarmato quando dai banchi delle opposizioni venivano mosse quelle gravi contestazioni? Perché non ha chiesto subito delucidazioni alla Fallara? Le carte e i documenti che Naccari, con il valido aiuto di Seby Romeo e degli altri consiglieri di csx, ha portato alla Procura della Repubblica non sono dossier segreti sapientemente confezionati ad hoc, ma documenti pubblici prodotti dall’amministrazione Scopelliti che chiunque avrebbe potuto consultare se solo avesse avuto la voglia e la capacità di leggerli. E’ questa la cosa sorprendente e direi inedita nel panorama politico italiano: un uomo politico preparato a capace come pochi (dote riconosciutagli anche dai più acerrimi nemici), di fronte all’impossibilità di ottenere le risposte ai suoi sospetti attraverso gli ordinari canali istituzionali, ha denunciato alla magistratura le irregolarità riscontrate, con il supporto di una notevole mole di documenti inoppugnabili. La Storia (anche perché la Cronaca non ha il coraggio di farlo) un giorno ci spiegherà il motivo per il quale la macchina della Giustizia abbia deciso di percorrere il tragitto che conduceva dall’indagine al processo, con un vecchio motore diesel piuttosto che con un turbo di ultima generazione…
Come saprai Aldo, due noti giornalisti reggini, Giuseppe Baldessarro e Gianluca Ursini, hanno ricostruito tutta la vicenda in un volume, “Il caso Fallara” appunto, che ha avuto un enorme successo ed è arrivato con anni di anticipo, e senza alcuna smentita o minaccia di querela, alle conclusioni della magistratura giudicante. Tantissimi altri giornalisti, te e il tuo “ZoomSud” compresi, proprio per aver scritto la verità sono stati bollati come “Nemici di Reggio”. E’ questa la situazione caro mio e non ci vuole molto a capire per quale motivo a un certo punto gli avversari di Naccari abbiano deciso di alzare il tiro e dalla Damnatio memoriae siano passati al “Metodo Boffo”; si sono adoprati a fabbricare dossier e hanno partorito la vicenda del tentativo di corruzione di Naccari a favore della moglie Valeria Falcomatà. Le indagini sono ancora in corso ma si stanno sfaldando giorno dopo giorno penosamente; ne vedremo presto delle belle e ne avremmo “sentito” anche delle belle se qualche “manina” non avesse provveduto a trascrivere la famosa telefonata della signora Naccari in modo distorto, ad uso e consumo della tesi accusatoria. Concludo con una ciliegina sulla torta fornitami dal collega Davide Varì su queste stesse colonne: tentare di manipolare la stampa non produce nulla di buono, se a Cosenza lo ha capito a sue spese il cinghialone, a Reggio dovrebbe cominciare a capirlo anche il nostro giraffone, le quinte colonne che ha disseminato all’interno delle varie redazioni sono ormai stremate, non sanno più cosa inventarsi e riescono a sfogarsi solo producendo delle locandine surreali. Concludo con una sommessa domanda ai miei cari "compagni" del PD: ormai è diventato un luogo comune descrivere il nostro Partito "inchiodato a logiche minoritarie" se non a pratiche tafazziane o, per dirla con Massimo Canale, carente di autorevolezza. Consapevole di correre il rischio di aggiudicarmi il lecchino d'oro per cinque anni consecutivi, io sostengo che il PD calabrese dispone già di un vero leader, che i galloni di generale se li è conquistati sul campo e si tratta proprio di quell'innominabile dai due cognomi di cui sopra.
Franco Arcidiaco