domenica 24 luglio 2016

NANNI, UN SOGNATORE IN BILICO TRA PIAZZA MAGGIORE E IL CIMITERO DI ARCHI

Con un’equazione imperfetta potremmo dire che Bologna non sta ad Archi come invece Stefano Benni sta a Nanni Barbaro.
In queste pagine, che fluttuano disinvoltamente tra il surreale e il beffardo senza disdegnare qualche puntatina sul tragico, Nanni esprime chiaramente lo stupore di chi torna a fare i conti con il proprio luogo natio e si rende conto, invece, che quei conti non hanno proprio nessuna voglia di… tornare.
Luoghi e personaggi, che probabilmente solo il fuoco evocativo della nostalgia aveva reso ammalianti e fantastici, si mostrano nella loro vera essenza e mettono lo scrittore nella cruda necessità di descriverli in modo impietoso. È a questo punto che viene fuori l’estro del narratore e Nanni riesce con maestria a dipanare i racconti mischiando sapientemente echi benniani e gucciniani (la Archi di Nanni ne ricorda un po’ il West domestico modenese, di “Tra la via Emilia e il West”), sotto l’occhio vigile del suo amato Faber.
Assolutamente esilaranti le historie de li Santi Frati Liquiriziani Larenzu et Limitri scritte in un farsesco slang che sembra discendere direttamente dalle lingue d’oc e d’oïl e dalla musicalità del volgare italiano dantesco.
Bravo Nanni che, incapace di sfuggire al fatale fascino ammaliatore delle sirene dello Stretto, “Sulle sponde dello Stretto mi sono seduto e ho riso”, è riuscito a rivestire di un’indulgente coltre fantastica e poetica la cruda realtà di una terra come la nostra ospitale solo con i forestieri ma matrigna dei suoi figli.

sabato 2 luglio 2016

ENZO LACARIA MAESTRO DI GIORNALISMO

Se io dico che Enzo Lacaria (il compagno Enzo Lacaria) era un maestro di giornalismo, lo dico per un semplice motivo: Enzo Lacaria è stato il mio maestro di giornalismo, in quei formidabili anni in cui a Reggio è esistita la redazione di Paese Sera. Lidia Rossi mi telefonò una sera per dirmi che sarebbe presto partita per un viaggio in Perù (un viaggio maledetto dal quale sarebbe poi ritornata devastata) e mi offrì il suo posto in redazione. Arrivai in quel prestigioso giornale con alle spalle solo qualche esperienza di fogli ciclostilati e di giornalini scolastici. Enzo mi insegnò mille cose, e soprattutto mi insegnò che le inchieste si fanno cercando fonti dirette e scarpinando sui marciapiedi e non certo riciclando le veline di inquirenti compiacenti e interessati. A te il compito, caro Enzo, di stabilire da lassù se esiste ancora qualche flebile traccia del tuo giornalismo.