domenica 26 maggio 2013

TENTATIVO DI BILANCIO POSITIVO DELLA PARTECIPAZIONE DELLA REGIONE CALABRIA AL SALONE DEL LIBRO

Tempo di bilanci al Salone del Libro, si chiude dopo cinque giorni intensi e fortemente partecipati. La cultura calabrese si è imposta alla grande, superando gli scetticismi anche di chi, come il sottoscritto, aveva sottolineato il ruolo marginale assegnato agli editori dagli organizzatori dello stand. Ma scetticismo non vuol dire disfattismo e penso di averlo dimostrato con la mia frenetica attività a sostegno delle varie iniziative che si sono svolte. Quello che non mi sta bene è lo squallido giochetto che è stato messo in piedi per tentare di farmi passare per un guastatore invidioso e opportunista. Sulle note de "L'Avvelenata" di Guccini, invito tutti i miei colleghi editori che, pur condividendo il mio pensiero, hanno taciuto e magari mi hanno pure parlato alle spalle, a cambiare mestiere; “l’amico”che è andato in giro a riferire che io sarei stato beneficiato dalle passate giunte regionali e provinciali di centrosinistra è invitato, invece, ad andare a leggere negli archivi dei giornali il trattamento che ho riservato ai vari Tripodi, Cersosimo, Principe e Gioffrè. Io non ho mai considerato la politica come il cassetto dei miei bisogni, ho chiesto e chiedo servizi e opportunità, così come pretendo che eventuali risorse economiche vengano elargite con criterio ed equità. Brecht stava dalla parte del torto, io sto sempre dalla parte dell'opposizione, chiunque si trovi al governo. Detto questo, confermo con soddisfazione che il livello culturale espresso da noi calabresi in questo Salone è stato elevatissimo, tra gli eventi più significativi mi piace segnalare l'interessantissima conferenza su un fondamentale incunabolo – ovvero un hand printed book di fine ’400 – oggi conservato nella Biblioteca Palatina di Parma ed esposto nello stand regionale per questa occasione. Si tratta dell’unico esemplare, pressoché integro, che si conservi al mondo del primo libro stampato in ebraico con data certa: il Commento al Pentateuco del noto erudito e talmudista Šelomoh ben Yiṣḥaq, stampato a Reggio Calabria il 18 febbraio 1475 dai torchi dell’israelita Avraham ben Garṭon. L’operazione fu patrocinata – 0 tempora, o mores! – dai ricchi mercanti di seta reggini. Eravamo davvero agli albori dell'epopea tipografica. Bene hanno fatto l'instancabile e appassionato Gilberto Floriani e l'assessore Mario Caligiuri, che ha partecipato a tutte le fasi salienti del Salone, a sottolineare il valore inestimabile di questo reperto, a dimostrazione del ruolo di primo piano svolto nei secoli dalla Calabria sul piano culturale. Non mi soffermerò sugli altri innumerevoli e interessanti eventi, poiché lo hanno già fatto i giovani colleghi che mi hanno affiancato, non posso però far passare inosservato un aspetto che covava sotto la cenere ma è cresciuto a tal punto da rivelarsi un evento: i reading estemporanei, che hanno occupato gli spazi vuoti che si creavano nel normale svolgimento del programma. Cose mai viste fino a oggi allo Stand della Regione Calabria, ma inusuali anche per il Salone nel suo complesso! Con la complicità di quattro autrici giovani e spregiudicate, abbiamo organizzato un FLASHMOB addirittura in due riprese! Lo avevamo annunciato e lo abbiamo fatto; gli spazi istituzionali sono un bene comune e nessuno può impedire che vengano utilizzati nel rispetto, naturalmente, delle stesse prerogative per tutti. Alle 12 e alle 14 di sabato una pattuglia "rosa", scortata dal sottoscritto, nella parte di editore senza cappa e senza spada, ha occupato per due frazioni da 20' ciascuna, lo spazio meeting della Regione. Martina Bertola, Ilaria Fusè e Mariacarla Marini Misterioso, autrici de "L'elenco, morire in diretta", con Margherita Catanzariti, autrice di "Segui sempre il gatto bianco" , hanno dato vita a una performance che ha coinvolto un vastissimo pubblico. Si è creata una situazione surreale nella quale quattro autrici esordienti e incredule sono state travolte da applausi scroscianti degni delle più celebrate star della letteratura. Altro evento estemporaneo e coinvolgente si è svolto ieri, quando ho avuto la possibilità, grazie alla disponibilità di Gliberto Floriani, di concedere lo spazio incontro a una giovane di Bovalino studentessa a Torino, Chiara Nirta, che mi era venuta a proporre un reading improvviso. Il candore veemente che ha messo in campo ha raccolto un foltissimo pubblico, al punto da richiamare l'attenzione dell'assessore Caligiuri che ha dialogato a lungo con i numerosi giovani presenti, riuscendo finanche a sostenere, con notevole aplomb, l'intemerata di un NOTAV fuori controllo. Un grande momento di partecipazione popolare nato da una felice congiunzione di apertura mentale e spirito democratico. A un altr'anno dunque con entusiasmo, nella speranza che si sappia far tesoro di quanto di positivo, nonostante tutto, si è riusciti a produrre.
Franco Arcidiaco


EDITORIA RESISTENTE AL SALONE DI TORINO

"Quando sento la parola cultura, metto mano alla pistola". Il celebre motto del politico nazista Baldur von Schirach, che erroneamente è sempre stato attribuito a Goebbels, non si addice certo a politici e burocrati della Regione Calabria. Loro piuttosto sfoderano proprio la cultura, salvo poi a utilizzarla per motivi bassamente clientelari. È normale, quindi, che in questo variopinto guazzabuglio di eventi messo in piedi per sostenere il progetto "Calabria Regione Ospite", si verifichino degli incontri di assoluto pregio e grande levatura culturale. D'altra parte quando scendono in campo personaggi del calibro di Vito Teti, Mimmo Gangemi, Carmine Abbate, Armando Vitale, Paola Bottero, Gianfranco Manfredi, Pino Rotta (per parlare solo di quelli incontrati nell'ultima mezz'ora) la partita la giochi sul velluto. Ma oggi ho preferito tenermi alla larga dallo stand della Regione, molti non hanno digerito la mia sortita sulla "deriva gastronomica" e non ho voluto creare ulteriori imbarazzi a quanti mi avevano dato ragione privatamente e non avevano alcuna voglia di farlo in pubblico. Sono andato allora alla ricerca di un editore "puro", per respirare una boccata di aria buona - tengo subito a precisare che la purezza in campo editoriale non attiene la sfera dei comportamenti etici personali -. Editore puro è il termine convenzionale con cui si designa l'editore di quotidiani, riviste, televisione e media in genere, quando tale attività sia esclusiva e non legata a gruppi finanziari che hanno interessi prevalenti in altri settori. Ma, secondo me, è anche "puro" l'editore di libri di medie e piccole dimensioni che ama il suo lavoro in modo viscerale e dalle istituzioni non pretende altro che servizi. Gli editori puri calabresi presenti con proprio stand al Salone sono meno delle dita di una mano, ci ho messo poco, quindi, a rintracciarne un esemplare. Michele Falco, figlio d'arte, "ma non figlio di papà" come tiene subito a precisare; titolare della Falco editore, ha un proprio stand, arioso e coloratissimo in posizione centrale. Sgombrando il campo da ogni equivoco, mi dice subito che ha speso una fortuna e nessuno gli rimborserà mai nulla; circostanza questa che ci porta entrambi a sottolineare, invece, come la Regione Piemonte sostenga economicamente gli editori che partecipano al Salone. "I soldi della Regione Calabria vanno a finire sempre nelle tasche dei soliti noti" dice Michele "mentre io ritengo che andrebbero sostenuti gli imprenditori che danno lustro alla Calabria". Entrambi rivolgiamo uno sguardo invidioso al vicino stand della Regione Puglia, enorme, ordinatissimo e soprattutto strapieno solo di libri. Michele, affiancato dalla sua attenta redattrice Erminia Madeo, mi parla con passione delle sue ultime creature. "Il coraggio di dire no" è la tragica storia di Lea Garofalo, che ha riempito le pagine di cronaca degli ultimi anni, scritta da un giornalista di Isernia, Paolo De Chiara. Michele, da editore di razza, ha commissionato il libro a questo bravo giornalista che gli era stato segnalato da Enrico Fierro (un nome una garanzia...). Tra la vasta e curatissima, anche dal punto di vista grafico, produzione di Falco mi intrigano altri due titoli; il primo si chiama "Morbi et Orbi", sottotitolo: Pedofilia, omosessualità e fede nella Chiesa di oggi. L'autore è il catanzarese Marco Angiletti, e la sua uscita fa iscrivere di diritto Michele nell'albo degli "editori coraggiosi". Caro Michele in quest'albo sono iscritto da un pezzo, ma solo per motivi anagrafici, anch'io. Ti debbo dire che mi sta sorgendo il dubbio che "coraggioso" per alcuni è inteso come sinonimo di "stupido"... Altro titolo intrigante è "Dieci misteri certosini", scritto dal giornalista Mirko Tassone; si tratta di un'antologia di tutte le storie, in gran parte bufale, che girano attorno alla Certosa di Serra San Bruno. Vere e proprie leggende metropolitane, tra le quali spicca quella riportata anche dal grande serrese Sharo Gambino che vorrebbe ospite della Certosa il pilota del bombardiere B29, il tristemente celebre Enola Gay, che avrebbe sganciato la bomba atomica su Hiroshima. Ieri mi domandavo di cosa parliamo quando parliamo di cultura, presso lo stand di Falco editore abbiamo trovato una prima risposta.
Franco Arcidiaco

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI CULTURA? (ovvero... Come la Regione Calabria intende il Salone del Libro)

Di cosa parliamo quando parliamo di cultura? Parafrasando il grande scrittore minimalista americano Raymond Carver, è questa la domanda che mi sono posto stamattina (ieri, per chi legge) appena trovatomi davanti al grande stand della Regione Calabria, che, non dimentichiamo, è la Regione Ospite di questa edizione del Salone del Libro di Torino. Ho già avuto modo di dire, dalle colonne di questo giornale, cosa penso del mancato coinvolgimento degli editori a un Salone del Libro, ma quello che ho visto oggi va al di là dell'umana immaginazione. Il sistema-Calabria ha ancora una volta dimostrato tutti i suoi limiti permeato, com'è, di provincialismo, supponenza, scarsa professionalità e clientelismo. Ti può capitare allora di arrivare allo Stand e pensare di aver sbagliato Fiera, ti aspetti di vedere scaffali colmi di libri e li trovi invece ricolmi di derrate alimentari e allora ti guardi in giro per vedere dove si è nascosto Franco Neri, magari sei capitato nel bel mezzo di una puntata di Zelig! Poi capisci che sei solo entrato dalla parte sbagliata; girato l'angolo, i libri li trovi pure, ma a quel punto ti sembrano quasi fuori posto. Ha ragione Paola Bottero, significa per caso che ci toccherà portare i libri al prossimo Salone del Gusto? Giovanni e Nunzio, loro sì veri professionisti, librai Ubikiani-resistenti, tengono le bocche rigorosamente chiuse anche se i loro sguardi smarriti sono eloquenti; ma la verità è sotto gli occhi di tutti: nemmeno un quinto del grande stand è occupato dai libri. Alla manifestazione inaugurale il Governatore, annunciato, non è pervenuto, pare si trovi in America (forse richiamato dai tour operator californiani che vogliono raccontata ancora una volta la storiella delle grandi navi da crociera nei porti (?!) calabresi). È toccato quindi all'assessore Mario Caligiuri che ha sciorinato i soliti numeri fantasmagorici sui risultati della politica culturale della Giunta, al collega Massimo Tigani Sava che tanto si sta impegnando per promuovere le eccellenze gastronomiche (?!) calabresi e a Giorgio Albertazzi, il quale a un certo punto, consapevole di trovarsi fuori posto, se ne è uscito sfoderando (da par suo) un argomento a piacere. Incrociando lo sguardo con una vecchia amica, storica rappresentante della società che organizza il Salone, ho capito che le perplessità non erano solo mie, questa "contaminazione gastronomica", fatto sicuramente inedito per la Fiera del Libro, è stata accolta con sorrisetti di scherno, tramutati ipocritamente in battute compiacenti a secondo dei casi. Un altro giro per lo stand mi ha consentito di completare il quadro della situazione: l'aberrante politica delle clientele ha avuto la meglio ancora una volta, e quella che doveva essere una grande opportunità per l'affermazione della vera cultura calabrese è stata trasformata nella solita sagra strapaesana che ha consentito ai politici (manuale Cencelli alla mano) di gratificare compari, comparelli e sodali di ogni tipo. Spazio dunque a una Fondazione (scelta come?), a una pittrice (scelta come?), a un' Associazione Onlus (scelta come?), a un grande artigiano (scelto come?). Beninteso si tratta di persone serie, ispirate certamente da nobilissime aspirazioni, alcune addirittura da tragiche vicende familiari, ma tutto questo cosa c'entra con la Cultura e con l'Editoria? La tragica vicenda della piccola Giulia, alla cui famiglia va tutta la mia sentita e concreta solidarietà, avrebbe meritato ben altre attenzioni dalla Regione Calabria; se qualcuno, così facendo, pensa di mettersi l'anima in pace si sbaglia di grosso. La politica calabrese è una storia di malversazioni, incapacità e malafede e non sarà mai purificata da clamorose operazioni di facciata come questa.
Franco Arcidiaco

RISPOSTA A ORFEO

ORFEO CONTRO "GERACE LIBRO APERTO"

INTERVISTA A CALABRIA ORA

mercoledì 8 maggio 2013

METTI UNA SERA A BOVA...

Metti una sera di maggio a Bova (454 anime, 820 m. s.l.m.) una conferenza sul grande filologo e glottologo tedesco Gerhard Rohlfs; metti che alla conferenza intervenga il fior fiore della cultura grecanica e un manipolo di intellettuali, nonché il figlio dello stesso filologo, Eckart, giunto appositamente dalla Germania; metti che il tutto si svolga all’interno di un Consiglio Comunale aperto, il cui Sindaco, Santo Casile, abbia deciso di intestare al Rohlfs il locale “Museo della Cultura e dell’Arte Contadina dei Greci di Calabria”; metti che l’assessore Mario Caligiuri sia stato impossibilitato a intervenire, ma abbia inviato un accorato augurio di buon lavoro; metti che complessivamente la sala ospiti poche decine di persone ma che la serata si riveli di straordinario interesse e di gran livello culturale. Rohlfs considerava Bova un “monumento nazionale della grecità” e oggi Bova lo ricambia con calore; è una di quelle occasioni in cui i palazzi-non-finiti, il mare inquinato, i cumuli di spazzatura, gli ospedali fatiscenti, le folle di disoccupati, i politici corrotti e incapaci, ti sembrano lontani mille miglia dalla tua vita. Ti chiedi quali potenti e nascoste forze possano indurre una terra senza redenzione a produrre cultura alta; e finisci con l’acquisire l’orgogliosa consapevolezza di vivere in una terra che ha prodotto più Storia di quanto non ne riesca a consumare e ti viene da sogghignare al pensiero di quei poveri Padani che sono costretti a inventare storie, tradizioni e riti che non hanno mai avuto. Rohlfs scoprì la Calabria e la sua lingua attraverso i prigionieri della Prima Guerra Mondiale ristretti nelle carceri tedesche; attratto dal fascino di quelli che considerava i discendenti dei coloni della Magna Grecia, cominciò, sin dal 1921 e per ben 60 anni, a visitare regolarmente la Calabria. Per dirla con Pasquino Crupi, “Rohlfs, tedesco meridionalista, interrompe la tradizione nefasta dei viaggiatori stranieri che dicevano che l’Europa finiva a Napoli”, anzi arriva a dichiarare, come riferisce il prof. Filippo Violi, che in 60 anni di viaggi nei luoghi più impervi e sperduti della Calabria, non ha mai avuto un benché minimo problema! Nell’ascoltare queste parole non ho potuto fare a meno di scambiare uno sguardo di compiacimento con il Commissario del Parco d’Aspromonte, Antonio Alvaro, che mi sedeva a fianco. Rohlfs difese sempre il prestigio della nostra regione. Nel 1921, appena giuntovi, avendo potuto costatare il contrasto tra la pessima fama e la reale situazione del vivere civile dei calabresi, così scrisse in un articolo apparso in Germania: “Calabria! Quali foschi e raccapriccianti ricordi non si destano in Germania al pronunziare del nome di questo estremo ed inaccessibile nido del brigantaggio! Quale ripugnanza ed orrore non persistono tuttavia, anche a Milano e a Roma, per questa terra famosa, dolorante e malnata; così miseramente ed ingiustamente dallo Stato negletta… In questa terra infiltrata della cultura di parecchi secoli, e in cui tante nazioni si avvicendarono l’una dopo l’altra, ogni fiume, ogni pietra, ogni paesello annidato su di una rupe rappresenta qualche cosa piena di memorie storiche; e da tutta la superficie sua, spira come un soffio di antico e venerabile tempo”. Gli altri relatori della serata sono stati il Conservatore di Beni Culturali Pasquale Faenza e lo studioso Franco Tuscano. E’ emersa la figura di Rohlfs quale “Archeologo della Lingua”, un’archeologia che marca la differenza tra la Grecità sepolta degli scavi e quella vivente “che puzza di capra”, per dirla col prof. Crupi. Il glottologo tedesco intendeva il Mezzogiorno come un “grande corpo di Civiltà”, un Meridionalismo Creativo il suo che, è ancora Pasquino Crupi a parlare: ”Ha inequivocabilmente il Popolo come fonte di ispirazione”. Tutti concordi nel sostenere che, dopo di lui, non è stato scoperto più nulla nel campo della filologia creativa. Tutto questo accadeva l’altra sera a Bova, nel frattempo sui media nazionali…
Franco Arcidiaco