venerdì 30 gennaio 2009

IL PAESAGGIO DEVASTATO E LE INTEMERATE DEL CARO LEADER

Non ti nascondo che andare in giro per le strade della Calabria mi provoca sempre una pena indicibile. Il territorio disseminato di ecomostri è la prova tangibile, la testimonianza più vergognosa dello sfruttamento selvaggio del territorio. E dietro tutto questo c’è invariabilmente la Calabria dei piccoli abusi edilizi tollerati da sempre, che, nell’assenza totale di interventi, ha finito per sfregiare irreparabilmente coste e montagne, colline e aree, cosiddette, protette. E’ stato calcolato che ogni 150 metri una cicatrice segna il territorio. Il paesaggio devastato è l’immagine emblematica della Calabria e non è certo la creatività di Oliviero Toscani che servirà alla Calabria per recuperare i danni di immagine che ne derivano. La favoletta della “vocazione turistica” è rimasta solo lo stanco leit-motiv di politici a corto di argomenti ed in mala fede; la Calabria, e le sue coste soprattutto, sono sempre state terra di nessuno. Da un versante all’altro del territorio il cemento ricopre e minaccia l’ambiente, e le bellezze naturali passano desolatamente in secondo piano. Le aree più degradate sono quelle di Soverato e del Golfo di Squillace (587 ecomostri) e la Foce del Torrente Gallico (845 ecomostri), nelle altre la densità è più bassa, ma il degrado è diffuso omogeneamente in tutto il territorio. Questa tragica situazione contrasta con il borioso e tracotante trionfalismo dell’assessore regionale all’Urbanistica Michelangelo Tripodi che, negando la più elementare evidenza, non si rassegna ad ammettere che quattro anni fa ha preso in consegna una Regione dal territorio pesantemente devastato e tra un anno, alla fine della legislatura, ce la riconsegnerà, né più né meno, che nelle stesse condizioni. Certo il nostro Caro Leader ha lavorato tanto, è stato bravissimo a monitorare il territorio ed a legiferare, affidando il suo assessorato a mani professionalmente capaci e soprattutto oneste, ma alla resa dei conti è rimasta solo qualche misera demolizione ed una marea di pubblicazioni patinate (roba da editoria di regime…per intenderci), lastricate di buone intenzioni e tante promesse. L’on. Tripodi dovrebbe capire che un conto è dirigere un partito-famiglia come il suo, dove si può permettere di fare il bello e il cattivo tempo, scegliendo ministri e deputati per poi buttarli a mare non appena manifestano il minimo tentativo di iniziative autonome, un conto è maltrattare giornalisti (vedi la penosa intemerata contro Riccardo Iacona di Viva l’Italia che si era macchiato del delitto di lesa-maestà, o la replica al Quotidiano sulla vicenda di Bova Marina) e imprenditori considerati non più allineati, ponendo ridicoli e surreali veti a partecipazioni a convegni e riunioni pubbliche. Anche il valoroso compagno Michelangelo Tripodi è rimasto purtroppo vittima della scellerata “svolta della Bolognina” ed ha dimenticato che nel glorioso PCI, dal quale tutti proveniamo, le regole auree erano la severità, il rispetto, la solidarietà e l’umiltà nella gestione del Partito ed il dialogo, l’efficienza e la trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Cosa rimanga di tutto questo nel suo partito sarà materia di discussione per gli storici, purché non pretenda di scegliere anche questi tra l’elenco dei suoi amici.
Franco Arcidiaco

Nessun commento:

Posta un commento