Con tre edizioni conservate in Biblioteca, non l’avevo mai letto integralmente, ma a spizzichi e bocconi, da citazione a citazione. L’ho letto d’un fiato in un pomeriggio di fine estate, per giunta domenicale. Un senso di sgomenta nostalgia mi ha pervaso; con la sua grande capacità di scrittura Luciano Bianciardi mi ha trasportato di peso in un’epoca che è stata anche la mia (mirabili e per me struggenti le istruzioni e le raccomandazioni rivolte a chi si accingeva ad “aprire un circolo del cinema”), con la differenza che nella mia “provincia della provincia” il tutto si svolgeva esattamente vent’anni dopo rispetto alla sua “centrale” Toscana.
Ora non mi rendo conto se il mio smarrimento derivi dalla constatazione dell’arretratezza cronica della mia terra o dalla presa d’atto, di scientificità notarile, del fallimento non di una ma di tre generazioni che si sono trovate a gestire il dopoguerra italiano. Un fallimento che però è da addebitare esclusivamente alla cecità del lavoro politico, incapace di tradurre le istanze e gli stimoli di una classe intellettuale di elevatissimo livello che però non è andata mai oltre la funzione di florilegio della Politica.
Franco Arcidiaco
Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1964, pagine 112, £ 300
martedì 3 ottobre 2017
LUCIANO BIANCIARDI E IL LAVORO CULTURALE D'ANTAN...
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento