“La libreria è un tempio, il libraio è un predicatore. Le nostre librerie non sono per fare denari, ma per beneficare la gente”. Questa frase, pronunciata da don Giacomo Alberione nel luglio del 1946, mi è tornata in mente quando la superiora della Congregazione delle Paoline della nostra città, suor José Maria Farini, mi ha proposto di intervenire alla Festa per l’Intronizzazione della Bibbia che si è svolta domenica 8 ottobre a Piazza Camagna. Il mio intervento, nella qualità di delegato comunale alla Cultura, non ha riguardato certo quello che il grande biblista francese Étienne Nodet definisce il “Libro dei Libri”; per parlare della Bibbia mi mancano i fondamentali… come si diceva una volta, e allora ho fatto ricorso alle suggestioni della mia memoria, che quando si tratta di vicende culturali non mi tradisce mai.
Don Giacomo Alberione era un tipo straordinario, basti pensare che il 20 agosto del 1914, mentre in Europa imperversava la Grande Guerra, in un tranquillo paesino delle Langhe piemontesi, Alba, decise di fondare nientemeno che una casa editrice, nacquero così le Edizioni Paoline; nel 1924 fondò il “Giornalino” (il primo settimanale per bambini che fece appassionare un’intera nazione alla nuova arte del fumetto; pensate che il mensile “Linus” sarebbe apparso solo nel 1965). Non contento, nel 1928 fondò in mezz’Italia la catena delle Librerie Paoline (giusto per dire, la catena delle Feltrinelli sarebbe arrivata ben 29 anni dopo!) e nel 1931 la “Famiglia Cristiana” (che ancora oggi è tra i più diffusi settimanali italiani).
Il motto di Alberione era “Portare Cristo oggi con i mezzi di oggi”, ovvero diffondere la parola di Dio tramite ogni mezzo che la tecnologia mette a disposizione; d’altra parte il suo ispiratore era San Paolo, a tutti gli effetti il primo comunicatore sociale che utilizzò proficuamente lo strumento mediatico del suo tempo, ovvero “le lettere”, al punto che l’intera sua predicazione è raccolta in epistole. Alberione, beatificato nel 2003, è stato proposto come “Patrono della rete” e penso che mai scelta fu più azzeccata come in questo caso.
Ma veniamo al mio rapporto con le Paoline, le “apostole della buona stampa e della parola fatta carta”: risale alla fine degli anni ’70, quando con un nutrito gruppo di giovani della sezione del PCI “Mattia Preti”, quartiere Tremulini, fondai il Circolo del Cinema “Pier Paolo Pasolini”. L’attività sociale del circolo si svolgeva all’interno della sezione sotto lo sguardo paterno ma diffidente dei compagni più anziani, mentre i film li proiettavamo nel salone della adiacente Scuola Elementare Carducci. Gli scarsi mezzi che avevamo a disposizione non ci consentivano di reperire le pellicole nei normali circuiti distributivi, lavoravamo con le bobine a 35mm ed eravamo costretti a noleggiarle nei circuiti del cinema d’essai di mezza Italia con costi per noi proibitivi. Il secondo anno di attività, quando cominciavamo a perdere le speranze di riuscire ad andare avanti, vennero in soccorso a noi, giovani comunisti duri e puri, le mitiche suore Paoline. La loro libreria sorgeva, come ancora oggi, nel plesso diocesano di piazza Duomo ed all’interno era ospitata la sezione del “Centro studi San Paolo Film”; in quegli anni di forti tensioni sociali, di aspre contrapposizioni tra i vari schieramenti politici, di “opposti estremismi” e “strategie della tensione”, una enclave cattolica ben definita animava e sosteneva la cultura cinematografica più progressista ed anticonformista, espressione diretta della rivoluzione planetaria del ’68. Nel loro catalogo erano presenti oltre al neorealismo italiano e al cinema di impegno civile, la nouvelle vague francese e il nuovo cinema indipendente americano, assieme ai grandi classici della cinematografia sovietica e ai maestri del cinema orientale e del cinema nordico (con la filmografia completa di Ingmar Bergman). Per tutto il suo periodo di attività il nostro circolo realizzò programmi di elevato livello avvalendosi esclusivamente dei film noleggiati “alle Paoline” e dell’ausilio delle preziose schede filmografiche prodotte dal centro studi.
Le suore che gestivano la libreria in quel periodo, andavano in giro con una Seicento Multipla bicolore e più di una volta ci consegnavano le bobine direttamente alla Carducci aspettando pazienti che raccogliessimo i soldi per pagarle. Sembra una storia alla Guareschi ma vi posso assicurare che andò proprio così. Oggi le suore Paoline continuano l’attività con lo stesso vigore d’allora ed il loro modello vincente si è esteso, grazie a papa Francesco, a tutto il movimento cattolico; noi comunisti, invece, siamo stati solo capaci di trasformare la battaglia contro le ideologie in una forma di karahiri collettivo ed oggi viviamo solo di ricordi.
Franco Arcidiaco
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