Danilo Chirico è tra i pochi cronisti di giudiziaria e nera che quando scrive non corre il rischio di essere considerato un velinaro o, peggio, un megafono degli inquirenti e delle procure. Il suo linguaggio chiaro e coraggioso rispetta i principi cardine della buona informazione. Questo non significa automaticamente che Danilo sia diventato anche un bravo scrittore o meglio, per dirla con il nume tutelare della letteratura calabrese Pasquino Crupi, un bravo narratore. La capacità di narrare è fondamentalmente innata, anche se la pratica, a lungo andare, può produrre affinamento. Ma mentre risulta naturale a un buon scrittore applicare le forme narrative al giornalismo, non lo è altrettanto per un giornalista che si improvvisa narratore. Pier Paolo Pasolini, Gianni Brera o Dino Buzzati non erano classificabili come giornalisti: erano scrittori che scrivevano editoriali per i giornali. Viceversa non si registrano molti casi di bravi giornalisti che siano riusciti a rintracciare nel proprio DNA l’estro narrativo. Altro discorso vale, invece, per la saggistica che sovente appare come l’approdo naturale del buon cronista. Detto ciò, potrei anche chiudere questo faticoso tentativo di recensione, ma tale omissione dal sapore gesuitico produrrebbe, son certo, a Danilo più fastidio di una stroncatura.
In una recente intervista, Danilo ha dichiarato che Chiaroscuro “costruisce un asse – politico e criminale, ma anche economico e sociale – che mette in relazione, direi tiene insieme, questi due mondi” ovverossia la società reggina e quella romana, che sono rispettivamente la sua città di nascita e quella d’adozione. Siamo quindi nel terreno del romanzo di genere ed esattamente in quello del sempre più inflazionato noir (con buona pace del povero Simenon). Protagonista la generazione dei trenta-quarantenni le cui caratteristiche (grandi fervori ed enormi contraddizioni) sono trattate con un notevole realismo, viziato, però, da forzature fastidiosamente ridondanti. Il vomito continuo (siamo alla media di una vomitata ogni due pagine), l’Oki dipendenza e l’ossessiva passione (solo presunta, altrimenti non chiamerebbe la Barbera al maschile…) per i vini piemontesi, riducono il povero PM Federico Principe alla stregua di una macchietta. In questa sua opera prima, Danilo Chirico ha infranto la regola n. 11 del breviario di scrittura On Writing di Stephen King che recita testualmente: “Non date troppe informazioni inutili: meno è meglio! Includete nella vostra storia solo i dettagli davvero utili per farla andare avanti e per spingere il lettore a continuare a leggere”.
Parlavo prima di realismo, Danilo lo profonde a piene mani; l’esperienza maturata sul campo ha arricchito oltre misura il suo bagaglio ma ha infuso un’ansia bulimica al tessuto narrativo. Dentro Chiaroscuro ci sono decine e decine di fatti realmente accaduti: la pistola di un PM che ferisce una ragazza durante una festa, il vizietto della cocaina di qualche giovane magistrato, le frequentazioni e le parentele imbarazzanti di alcuni inquilini della procura, i rapporti privilegiati con determinati cronisti, i rapporti complicati (per usare un eufemismo morbido) con superiori e colleghi, la tentazione della politica; un déjà vu per chiunque abbia prestato un po’ di attenzione alla cronaca degli ultimi decenni.
Aver voluto racchiudere tutti questi elementi in un unico personaggio è stato l’errore principale di Danilo Chirico; l’intreccio risente dell’ammassarsi di fatti e circostanze e rende arduo al lettore il dipanamento del groviglio letterario. Mi risulta imbarazzante giudicare il lavoro degli altri editori, ma da un monumento come la Bompiani (sia pur ormai giuntizzata) mi sarei aspettato un lavoro di editing più accurato e deciso nei confronti dell’opera prima di un ottimo giornalista.
Il caso ha voluto che negli stessi giorni in cui ho completato la lettura del libro di Danilo Chirico, mi sia ritrovato tra le mani il volumetto di racconti di A. B. Guthrie, L’ultimo serpente, Mattioli editore.
Guthrie, romanziere americano che ha percorso tutto il ‘900, ha vinto il Premio Pulitzer nel 1950 ed è un maestro di narrativa che spazia dalla tragedia alla commedia, percorrendo la storia americana per raccontare “l’epos e le radici del lato oscuro e del lato luminoso del mito a stelle e strisce”. Il rapporto uomo-natura, l’avventura, il viaggio, la libertà, la violenza, il pentimento, l’amore mai sdolcinato, il tempo traditore; ingredienti classici che, mixati sapientemente, rivelano una grande vena da storyteller. Ne suggerisco la lettura a Danilo e alle sue editor in Bompiani.
Franco Arcidiaco
Danilo Chirico, Chiaroscuro, Bompiani, Milano 2017, pagg. 464, € 18,00
A. B. Guthrie, L’ultimo serpente, Mattioli, Fidenza 2016, pagg. 152, € 16,90
domenica 29 ottobre 2017
GIORNALISTA E NARRATORE, DUE MESTIERI DIVERSI
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