Quando penso alla figura del libraio ideale, la mia mente torna agli anni 60/70 quando a Reggio, come in tutte le altre città d’Italia, esistevano ancora le librerie “vere”; quei negozi dalle pareti interamente ricoperte di scaffali di legno stracolmi di libri, il cui proprietario, prima di essere un commerciante, era soprattutto un colto e appassionato feticista che aveva nel libro il suo oggetto del desiderio; un desiderio che raggiungeva il suo acme all’atto della condivisione dell’amato-bene con il cliente-lettore. Era quello il momento in cui il libraio, spesso dopo averlo voluttuosamente annusato, porgeva il libro al lettore, felice di riporre la sua creatura in mani altrettanto anelanti di feticistico godimento. In quegli anni a Reggio operavano parecchi librai di questo genere, ma quelli che ricordo particolarmente erano dislocati sulla parte di Corso che percorrevo tutti i giorni a piedi per tornare da scuola verso casa, nei pressi del ponte Calopinace; incontravo la libreria Ave, oggi Nuova Ave gestita ancora da uno dei fondatori, il mitico Tullio Tralongo, ed altre tre librerie che purtroppo non esistono più: Carmelo Franco, Gangemi (quella vicino al Duomo e non “La Casa del Libro” di Peppino Gangemi che arrivò un po’ dopo) e Vadalà che si trovava a due passi da Piazza Garibaldi. Quest’ultima era la libreria che frequentavo di più, essendo la più vicina a casa mia, e mi capitava spesso di trovare il sig. Vadalà sulla porta che mi aspettava per segnalarmi l’arrivo di qualche novità; Le stelle fredde di Piovene, Una relazione di Cassola, Poema a fumetti di Buzzati, Io e lui di Moravia, Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino, freschi di stampa unitamente a tanti classici italiani e stranieri, passarono dalle sue mani alle mie in un misto di gioia e trepidazione. Oggi per fortuna in città resiste ancora un manipolo di librerie, oltre alla già citata Nuova Ave come non ricordare la storica Ambrosiano che continua nella sana tradizione della casa di accogliere amorevolmente tra i suoi vetusti ma solidi scaffali l’editoria locale, la libreria Amaddeo che, pur avendo nella “scolastica” il suo core-business, svolge il suo ruolo con professionalità e impegno e la piccola ma molto ben fornita Eden dal pubblico affezionato e fedele. Un discorso a parte merita la libreria di Enzo Caccamo. In posizione straordinaria, locali belli e accoglienti fanno della libreria Culture il luogo d’incontro preferito di giornalisti, politici ed intellettuali di varia estrazione. Enzo è un libraio sui generis, non sperate di trovare da lui al primo colpo il libro di cui avete appena letto una recensione, lui lo farà arrivare con calma solo una volta che si sarà convinto della sua bontà, se cercate un classico andate invece a colpo sicuro, troverete di tutto e di più, nelle varie collane e per tutte le tasche. Non si fa in quattro per l’editoria locale, probabilmente non coglie, tra le pagine dei libri prodotti in città, quell’ Odore indispensabile che gli consenta di entrarne in sintonia. Conosco Enzo da decenni ma fino ad oggi ho avuto con lui solo frequentazioni di tipo professionale, influenzate dagli alti e bassi della sua imprevedibile disponibilità; ai tempi di Via della Zecca, Enzo è stato di grande aiuto alla crescita della mia casa editrice mettendo a disposizione, gratuitamente, la sala conferenze per la presentazione dei miei primi libri. Il suo trasferimento nella nuova sede è coinciso con la fase di sviluppo della Città del sole ed i nostri rapporti sono stati condizionati inevitabilmente dai reciproci e sempre più assillanti impegni. Di recente ci siamo ritrovati per un Incontro in libreria con una mia autrice, ed Enzo mi ha fatto dono di un libro dall’intrigante titolo “L’odore dei libri” scritto ed edito da lui stesso con il raffinato marchio “Culture”. Leggerlo è stato un piacevole modo di trascorrere un uggioso pomeriggio domenicale dello scorso inverno ed il risultato è la conferma della straordinarietà del personaggio-libraio Enzo e del suo alter ego Elio, protagonista del racconto.
“Ogni mattina, appena apriva la libreria, Elio s’inchinava perché voleva salutare tutti i grandi maestri e, facendo il giro dei vari settori, nello stesso tempo controllava che tutto fosse sistemato. Ecco, infatti, che nella Filosofia un libro di Platone era stato inserito nella lettera P dei moderni. Così, rimettendolo nello scaffale giusto, Elio disse: ‘Buongiorno maestro! Li perdoni, non sanno che c’è un solo bene, il sapere! E un solo male, l’ignoranza!’ La signora delle pulizie, che ormai aveva capito che Elio normale non era, con la scopa gli fece intendere che ora doveva uscire. Lui allora accese Mozart e si mise con la panchina fuori…”. Questo è praticamente l’esilarante avvio del libro se si escludono le due paginette iniziali che riguardano il sogno di Elio e che, francamente, non assolvono il classico ruolo che dovrebbe avere un incipit che si rispetti (quello di intrigare il lettore) perché risultano confuse e incerte nell’intreccio e nello svolgimento. Sembra quasi di vederlo Enzo/Elio mentre s’inchina a rendere omaggio ai suoi amati classici, i suoi feticistici riti di apertura ricordano molto da vicino quelli del sottoscritto, quando ha la fortuna di arrivare la mattina in sede prima dei collaboratori e si abbandona a rituali molto simili, incurante del fatto che una cara amica li bolli come disturbi compulsivi. Proseguendo nella lettura il libro si rivela suggestivo e si dispiega in un’atmosfera surreale ed onirica. Un delirio colto, a tratti estremamente colto, un grido di dolore per la tragedia della condizione umana e professionale che trova nella lettura, nel sogno e nella filosofia, rifugio e catarsi. Una possibile via di fuga la indica uno dei personaggi più caratterizzati, il Professore poeta-drammaturgo, chiosando: “La letteraturizzazione della vita sarà la possibile terapia per sottrarsi alla vita veramente orrida”. E qui viene automatico il richiamo al grande Svevo che sosteneva la necessità che la vita si trasformi in letteratura, solo la vita non raccontata, infatti, viene considerata morta. Attraverso la letteraturizzazione ci si può sottrarre dalla vita vera e dalla realtà e rileggendo la vita raccontata possiamo invece far emergere gli eventi del passato. Secondo il pensiero di Svevo ogni persona deve “raccontare” se stessa, solo in questo modo la vita in ogni uomo acquisterà un senso. E a proposito dei protagonisti del libro, si rivela veramente un esercizio gustoso il cercare di riconoscere le figure reali che si nascondono dietro; d’altronde, chiunque sia mai passato dalla libreria Culture non faticherà ad associare i nomi corrispondenti a personaggi quali: il prof. Z, il filosofo-giornalista Gianni, il maestro-scultore (che si ritiene l’unica incarnazione di Michelangelo e non sopporta che altri presunti artisti trovino spazio in libreria), il Sognatore (che ama sentenziare: “Ciò che in letteratura è sublime, nella vita reale è nevrosi. Quindi non ci rimane che essere indifferenti senza cinismo e appassionati senza entusiasmo”), la Poetessa, Riccardo Meis segretario comunale in pensione, il Magistrato Santini Giustizia, il Direttore che esautora e sostituisce Elio/Enzo cercando di normalizzare la libreria che definisce “rifugio per esaltati”, il Professore poeta-drammaturgo dalla voce imperiosa e possente, il Professor psichiatra Savio Gentile. Altro esercizio gustoso, ma culturalmente molto impegnativo, è risalire alle letture che originano le innumerevoli suggestioni letterarie di cui il libro è letteralmente infarcito. Straordinario il carosello delle metamorfosi che generano l’insetto-scultore, e dei deliri più o meno onirici del Sognatore; vera e propria chicca finale l’inserimento (come non ricordare il mitico Lupo della steppa di Hesse?) del racconto scritto dal libraio Elio nel periodo della scomparsa, intitolato Secoli di Passione, introdotto da una prefazione stralunata del magistrato Santini Giustizia. Qui si parla di un Folletto che, arrivato per salvare il mondo dalla decadenza morale, fonda un circolo chiamato Il Circolo dei Disadattati che serve a “raggruppare le poche persone che si riconoscono nella profondità delle cose”. Il Folletto ci mette poco a rendersi conto che gli uomini illuminati sono merce rara e lo capisce dallo scarso interesse che dimostrano verso i classici della letteratura, gli uomini infatti rivolgono il loro interesse “ai libri moderni”; il Folletto non si da per vinto anzi alza la posta e, con i primi adepti del Circolo, fonda La Repubblica degli uomini. Uno dei primi iscritti, il giovane filosofo marxista, capisce che il Folletto è uno scienziato e lo convince a tentare degli esperimenti: intervenire sugli animali facendoli diventare uomini e viceversa. L’esperimento fallisce perché gli animali appena diventati uomini ne pretendono i diritti e gli uomini diventati animali non riescono a sopprimere l’istinto di divorare i propri figli. Per fortuna interviene un altro personaggio, il professore partigiano, che propone un grande convegno pubblico per diffondere il verbo de La necessità dell’uguaglianza fra gli uomini. Ognuno interviene per dire la sua e si parla di omologazione, fratellanza e amore universale, ma il problema è che pochi si rendono conto che l’amore di cui parla il Folletto è quello verso i libri e lui, per rendere più chiaro il suo pensiero, intensifica le manifestazioni e le conferenze approfittando della sala offerta gratuitamente dal direttore di una libreria. Il numero degli iscritti al Circolo comincia ad aumentare ed il Folletto, dopo aver subìto una scomunica dalla Chiesa, decide di diventare più diplomatico. Nel frattempo, però, il direttore della libreria scompare ed il nuovo proprietario, dopo aver trasformato la libreria in un supermercato del libro, chiede una cifra sproporzionata per ospitare le conferenze. Gli sforzi degli amici per trovare il libraio scomparso si rivelano vani mentre il Folletto prosegue nella sua attività di proselitismo. Alla fine di una conferenza clou, nella quale le più disparate opinioni si confrontano, il Folletto decide che è arrivato il momento di fare vedere agli amici la struttura ospedaliera dove opera con la sua équipe. La struttura ha il compito di favorire una metamorfosi positiva dei malati gravi, i cosiddetti vermi accademici rifatti, appagati, artificiosi, chiacchieroni, forbiti, meschini ed equilibristi, facendoli diventare colombe, simbolo della pace e della purezza. A questo punto la compattezza del Circolo si sfalda, i filosofi infatti sostengono che non si può interferire nell’ordine della cose, c’è chi propugna il ritorno alla vita in campagna ma anche questo si rivela una delusione: i gentiluomini di campagna si sono liberati delle biblioteche dei nonni…Ma il Folletto non finisce di stupire i suoi amici e li porta a visitare una megastruttura, frutto del risultato della sua opera, “essa era costituita da più piani, in ognuno dei quali erano specie diverse, accomunate da un unico intento: essere un punto di riferimento per le generazioni future attraverso la scrittura. Essi infatti dovevano creare opere in grado di trasmettere valori e ideali persi dall’uomo. Nei piani superiori, un’èlite di animali critici doveva valutare se questi testi esprimevano sentimenti onesti e non costruiti, profondi e non superficiali, umani e non animaleschi….questo luogo era una casa editrice animale, la quale doveva servire proprio per risvegliare l’istinto culturale perso da due secoli. I libri che venivano stampati andavano in giro per il mondo su navi a forma di librerie…”. Siamo alla fine del libro ed ecco riapparire, con una magia circolare (omaggio a “Il girotondo” di Schnitzler ed alla sua critica all’impossibilità umana di amare…, nel nostro caso, i libri?), il nostro libraio Elio. Torna Elio/Enzo ma solo per prendere atto che per lui, “che aveva una libreria di scaffali pieni di classici ma poche novità, non c’era motivo d’esistere più.” Chiude così Enzo Caccamo la sua cavalcata letteraria originale, brillante e, direi, inaspettata; una vera chicca intrigante e divertente che, con qualche necessario intervento di editing, può diventare un vero oggetto di culto. Mentre andiamo in stampa apprendiamo che “L’odore dei libri” ha ricevuto il premio speciale della giuria del Premio Palmi, complimenti ad Enzo e complimenti alla Giuria del Premio Palmi per il coraggio, assolutamente controcorrente, di premiare un libro edito da un editore-libraio indipendente, colto e ostinato sognatore.
Franco Arcidiaco
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