domenica 6 novembre 2011

COSA SALVA REGGIO?

Cari amici vi ringrazio per il graditissimo invito e mi dispiace non essere con voi; vengo subito al punto: Reggio sarà salvata dalla disfatta dei “Riggitani” ad opera dei “Reggini”. La popolazione reggina è come dr. Jekyll e mr. Hyde; purtroppo però i secondi sono in sovrannumero. Il vero problema di Reggio è l’inciviltà della stragrande maggioranza dei suoi cittadini, ed il conseguente problema della legalità è strettamente correlato a quello del tasso di educazione civica. Il problema riguarda tutto il Sud, è inutile girarci attorno: la stragrande maggioranza della popolazione meridionale non è assolutamente incline a rispettare le più elementari regole del vivere civile. Mettetevi in macchina o in treno da Roma in direzione Sud e guardatevi attorno: il paesaggio è completamente devastato; discariche abusive ad ogni angolo, ecomostri lungo le coste e sulle colline, facciate dei palazzi grigie e degradate, terrazze con i ferri arrugginiti che aspettano con pazienza la costruzione dell’ennesimo piano naturalmente abusivo, erbacce e vegetazione incolta come unico esempio di verde pubblico, automobili posteggiate in modo selvaggio, isole pedonali e piste ciclabili inesistenti e barriere architettoniche insormontabile incubo per i disabili. E’ evidente che questo stato di cose è il terreno di coltura ideale per il proliferare delle attività della criminalità organizzata; i brillanti successi degli investigatori, che sempre più frequentemente arricchiscono il loro palmarés con l’arresto di pericolosi latitanti, servono a ben poco se non vanno di pari passo con la lotta per l’affermazione della legalità quotidiana sul nostro territorio. Quando, un paio di decenni fa, l’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani decise di rendere vivibile e sicura la metropoli, in brevissimo tempo, attuando la famosa politica della “tolleranza zero”, riuscì brillantemente in quella che sembrava una missione impossibile.
Questa politica deriva dalla cosiddetta teoria “Delle finestre rotte” formulata nel 1982 dai criminologi James Q. Wilson e George Kelling, che prevede che se le persone si abituano a vedere una finestra rotta, in seguito si abitueranno anche a vederne rompere altre e a vivere in un ambiente devastato senza reagire: riparando la finestra ci si abitua al rispetto della legalità. Ecco oggi il meridione, e la nostra Calabria in particolar modo, hanno bisogno di una politica che abbia il coraggio di attuare la “tolleranza zero”, mettendo da parte quella pruderie di matrice liberal-cattolica che tanti danni ha provocato al nostro Paese nel dopoguerra. E’ evidente, inoltre, che il ripristino della legalità deve passare obbligatoriamente, oltre che dall’apparato repressivo, dal lavoro educativo della famiglia e della scuola; ma qui entra in gioco l’altro grave problema che riguarda la preparazione e la sensibilità sull’argomento di genitori ed insegnanti; se un ragazzino vede i genitori buttare le carte dal finestrino della macchina e non sente parlare in casa della raccolta differenziata, non potrà mai diventare un buon cittadino; se la scuola non si fornisce degli strumenti per surrogare e/o integrare il ruolo della famiglia nell’educazione delle giovani generazioni e se i Comuni non si decidono ad attuare l’opportuna vigilanza sulle normali regole del vivere civile (dal parcheggio alla costruzione abusiva), il sistema della legalità quotidiana non si metterà mai in moto e la Calabria precipiterà, in modo sempre più irreversibile, in quel degrado che già oggi la contraddistingue drammaticamente dalle altre regioni d’Italia.
Bisogna soprattutto ripartire dall’ambiente per ritrovare il gusto del bello.
Si deve interrompere il circolo vizioso che vuole la Calabria sinonimo di degrado. Il territorio disseminato di ecomostri è la prova tangibile, la testimonianza più vergognosa dello sfruttamento selvaggio del territorio. E dietro tutto questo c’è invariabilmente la Calabria dei piccoli abusi edilizi tollerati da sempre, che, nell’assenza totale di interventi, ha finito per sfregiare irreparabilmente coste e montagne, colline e aree, cosiddette, protette. E’ stato calcolato che ogni 150 metri una cicatrice segna il territorio. Il paesaggio devastato è l’immagine emblematica della Calabria e non è valso a nulla lo spreco di milioni di euro in campagne pubblicitarie (prima fra tutte quella assurda di Oliviero Toscani). La favoletta della “vocazione turistica” è rimasta solo lo stanco leit-motiv di politici a corto di argomenti ed in mala fede; la Calabria, e le sue coste soprattutto, sono sempre state terra di nessuno. Da un versante all’altro del territorio il cemento ricopre e minaccia l’ambiente, e le bellezze naturali passano desolatamente in secondo piano. Le aree più degradate sono quelle di Soverato e del Golfo di Squillace (587 ecomostri) e la Foce del Torrente Gallico (845 ecomostri), nelle altre la densità è più bassa, ma il degrado è diffuso omogeneamente in tutto il territorio. Questa tragica situazione contrasta con il trionfalismo dei vari assessori regionali competenti per materia che negano la più elementare evidenza; tra questi non ho alcuna esitazione a includere i miei amici del centrosinistra che non si rassegnano ad ammettere che nel 2005 hanno preso in consegna una Regione dal territorio pesantemente devastato e nel 2010, alla fine della legislatura, ce l’hanno riconsegnata, né più né meno, che nelle stesse condizioni. In tutto questo sfacelo non si potrà mai affrontare seriamente un discorso di sviluppo turistico senza prima avere avviato una seria, determinata e risolutiva politica ambientale. Quello che ci ostiniamo a non capire, e su questo voglio sollecitare gli amici ambientalisti, è che la nostra regione è assolutamente la più disastrata tra tutte le pur disastrate regione del Sud, e questo per un semplice motivo che è sotto gli occhi di tutti: IL PAESAGGIO DEVASTATO. Le miriadi di costruzioni non finite che sorgono dappertutto e deturpano coste e colline hanno irrimediabilmente frantumato il sogno dello sviluppo turistico. Ma chi volete che venga ad impiantare un Club Mediterranée, un Valtur, un Hilton od uno Sheraton nel bel mezzo di quelle bidonville alla cui stregua abbiamo ridotto le nostre città ed i nostri paesi? Vogliamo capire una volta per tutte che, come disse con lungimiranza anni addietro il giudice Roberto Pennisi, la ‘ndrangheta infettando di illegalità tutti gli strati della società ha fatto sì che i cittadini, vivendo in un contesto ambientale disastrato, perdessero definitivamente il senso del vivere civile? Roberto Pennisi, attuale sostituto procuratore nazionale antimafia, nel 1995 dichiarò infatti, testualmente, ai giornalisti (vedi Laltrareggio n.52 di Marzo 1995): “Sino a quando questa città avrà l’aspetto esteriore di un centro abitato appena sottoposto a bombardamento, e non si capirà che ciò è stato voluto ed è voluto dalla ‘ndrangheta proprio perché anche guardandosi intorno il cittadino non avesse la sensazione di essere tale, né sentisse alcuno stimolo per diventarlo, ancora una volta dovremo ripetere di aver fallito”. Pennisi in quegli anni aveva portato alla sbarra le cosche più pericolose della piana di Gioia Tauro, in un processo che nell’autunno del 1997 finì col comminare decine e decine di ergastoli confermati in appello, fu inoltre il magistrato che nel 1992 fece scoppiare la tangentopoli reggina con il famoso scandalo delle fioriere che vide protagonista l’allora sindaco Agatino Licandro; nonostante questo palmarès allora si guadagnò da parte dei riggitani la patente di “nemico di Reggio” e molte furono le voci che si levarono per stigmatizzare le sue dichiarazioni; a distanza di tanti anni, purtroppo, non possiamo far altro che confermare le sue convinzioni e prendere atto che aveva, sin da allora, compreso la nostra realtà molto meglio di tutti i politici di ieri e di oggi. Monsignor GianCarlo Bregantini, che è un altro “non calabrese” che ha capito la nostra terra molto meglio di quanto non l’abbiano capita tutti i nostri politici messi assieme, ha scritto: “Il gusto del bello è la migliore forma di antimafia”. Ecco, noi il gusto del bello l’abbiamo definitivamente perduto, quindi le nostre speranze di sviluppo, almeno in direzione turistica, sono eguali a zero!

Con questi presupposti lo sviluppo turistico rimarrà una mera illusione. Ci vorrebbe una rivoluzione, ma il tempo delle rivoluzioni, si sa, è definitivamente tramontato.
Prendiamo ad esempio la situazione attuale di Reggio: se una strada si ritrova piena di buche dopo pochi mesi dalla bitumazione, ci sarà pur qualcuno al Comune che dovrà chieder conto alla ditta responsabile dei lavori? E’ troppo chiedere che vengano alla luce le responsabilità (per errori od omissioni) di quanti, ditte appaltatrici o funzionari comunali, a vario titolo sono coinvolti in lavori pubblici che, volta per volta, si rivelano disastrosi e per nulla risolutori dei problemi che avrebbero dovuto affrontare in maniera definitiva? Le pagine dei giornali sono piene di lettere di cittadini che si lamentano per le voragini aperte sulle strade in ogni angolo della città, prima o poi qualcuno interverrà, sarà fatta la solita riparazione con conseguente spreco di denaro pubblico e dopo qualche mese il problema si ripresenterà, succede così da decenni nella generale indifferenza. La città è ridotta in condizioni pietose: strade e marciapiedi dissestati, facciate dei palazzi rustiche e quelle poche completate non in linea con il piano-colore, sporcizia dappertutto, caos e totale anarchia nel traffico automobilistico, assenza di polizia urbana sul territorio, opere pubbliche incomplete, mancanza di coordinamento tra le iniziative dei vari assessorati, troppi compari e comparelli beneficiati, spreco di denaro pubblico in iniziative a dir poco futili. Come abbiamo detto mille volte, si profonde il massimo impegno nella realizzazione di nuove opere, nelle grandi ristrutturazioni di quelle esistenti e non c’è nessuno che si preoccupi della manutenzione ordinaria. Perché invece di aprire decine di cantieri contemporaneamente, non si affrontano due o tre opere alla volta dedicando il resto delle energie alla manutenzione ed al decoro ordinario dell’esistente? Non credono i signori politici che si possa passare alla Storia anche senza tagliare un nastro ogni mese? E quando si decideranno a capire i nostri amministratori che l’unica variante ammissibile ai piani regolatori dei vari comuni, è la “Variante Caterpillar”? L’unico politico calabrese che ha avuto il coraggio di avviare un serio intervento di demolizioni è stato il sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza, ma la sua azione è stata contrastata e fermata anche da politici del suo stesso schieramento; demagogia e populismo vanno a braccetto con il clientelismo e una poltrona non la mette e rischio nessuno.
Io spero che dal dibattito di stasera vengano fuori delle proposte concrete, ma non vi nascondo che comincio a temere che Reggio sia ormai condannata definitivamente a sopravvivere nel più totale degrado.
Franco Arcidiaco

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