domenica 27 giugno 2010

SESSO, DOLCI E CAMILLERI. COME TI COSTRUISCO UN BEST SELLER

IL CONTO DELLE MINNE di Giuseppina Torregrossa, Mondadori 2009
Gli ingredienti per fare un bestseller ci sono tutti e sono distribuiti sapientemente nelle 316 pagine; un’operazione editoriale paracula a cominciare dal titolo e dalla copertina, per non parlare dei neologismi dialettali alla Camilleri (di cui francamente non se ne può più) sparsi a profusione nel testo. Un carosello di luoghi comuni, un bignamesco copia-incolla dalle pagine della sterminata letteratura isolana. Qualche sprazzo di buona scrittura che alimenta il sospetto, considerato il contesto, di scarsa originalità; ma non è un libro da buttare, tra incongruenze narrative e gratuite banalità si scorgono vari passaggi coinvolgenti e suggestivi di grande tono letterario. Tutto ciò non fa che aumentare la sensazione di trovarsi davanti ad un lavoro posticcio, a una creatura letteraria da laboratorio. Sono anni ormai, esattamente dall’esplosione della bomba Camilleri, che gli editori italiani di prima fila hanno deciso di seguire la lezione dei colleghi americani, arruolando un esercito di ghost writer che sforna su misura quei dieci/quindici libri di successo l’anno necessari a mantenere il fatturato; e pensare che ci sono ancora imbecilli che spendono una fortuna per spedire i loro manoscritti alle grandi case editrici, tonnellate di carta sul cui destino c’è solo da sperare che non vada a finire in discarica ma venga almeno riciclata. Prendiamo i vari Grisham, Smith, King e Cornwell; in America si sforna con i loro nomi almeno un bestseller l’anno, e parliamo di tomi da 4/500 pagine minimo, per non parlare di Michael Crichton, morto prematuramente due anni fa, del quale è già stato confezionato il primo postumo (naturalmente ritrovato nel suo computer già bell’e pronto), L’isola dei pirati, 332 pagine di avventure mirabolanti, come se Emilio Salgari non fosse mai esistito. In Italia invece continua il fenomeno Camilleri, che, alla tenera età di 85 anni, sforna un bestseller dietro l’altro per la felicità della Mondadori di quel Berlusconi che poi, dalle pagine di Micromega, si diverte pure a sputtanare. Magari un’ideuzza, questi campioni delle vendite, la tireranno pure fuori autonomamente, ma agli ingredienti giusti per il successo state pur certi che ci pensano gli editor con le loro squadre di redattori-fantasma e i responsabili del marketing con le note ai giornali e le comparsate televisive. Ma torniamo al nostro libro, come vi dicevo questo Conto delle minne ha un andamento schizofrenico, dal passo classico-diaristico della prima parte si arriva a bollentissime pagine hard che potrebbero entrare a pieno titolo nel catalogo della benemerita (quella si!) casa editrice Olympia press, storico editore di libri porno di cui ogni porcellone che si rispetti ha almeno una decina di titoli negli scaffali più irraggiungibili della sua biblioteca. “Santino c’è un modo perché tu possa essere il primo. Vieni domani da me.” Così risponde la protagonista quando l’amante (il mitico Santino Abbasta) confessa il rammarico per non essere stato il suo primo uomo, e lei non si perde d’animo, sentite: “Mi tolgo la gonna e la camicetta, rimango con una sottoveste corta di seta rossa; da sotto spuntano un reggicalze e il bordo delle calze. Ho le cosce in carne, quanto gli piacciono a Santino…”, passa quindi a descrivere con dovizia di particolari la concessione del lato b e conclude sapiente: “Il dolore è un secondo di sospensione tra l’attesa che il rito si compia e il piacere che sale violento sotto la pelle, una corrente elettrica tra i muscoli e le ossa, una gioia che scioglie la distanza, sento perché lui sente, godo perché lui gode, esisto perché è lui che mi fa esistere.” Viene fatta così definitivamente giustizia di due secoli di letteratura femminile virginiawolfeggiante , e l’uomo torna trionfante al suo ruolo di dominatore di docili schiave che non hanno altro desiderio se non quello di far godere con ogni mezzo il maschio che le ha scelte. A tutte le mie amiche tardo femministe, compresa la mia cara compagna di pagina, domando come avrebbero reagito se queste pagine le avesse scritto un uomo; da parte mia vi assicuro che per molto, ma molto, meno mi sono ritrovato, negli anni 70, con la foto segnaletica in tutti i circoli femministi della città, sede dell’Udi compresa.
Franco Arcidiaco

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