mercoledì 16 agosto 2017

UN BALSAMO PER LA PRUDERIE DEGLI ITALIANI

Gianni Passavini, dopo tre anni da direttore responsabile del Quotidiano dei Lavoratori, nel febbraio del 1982 si trova davanti a un bivio: volare a Beirut in vista dell’invasione israeliana come inviato di guerra, per conto di un giornale che non lo pagava da tre anni e del quale comunque non condivideva più la linea, oppure fare il redattore ordinario del settimanale Le Ore, il patinato giornale pornografico che, con il suo clamoroso successo di vendita, aveva spazzato via la sciocca supponenza sessuofobica della borghesia cattolica. È da questa sua esperienza, durata oltre un decennio, che nasce questo libro “Porno di carta”, che ricostruisce la grande epopea dello spregiudicato editore catanese Saro Balsamo e della moglie Adelina Tattilo che dal 1966, anno di nascita di Men, settimanale antesignano dell’editoria erotica italiana, al 2000, data di chiusura di Le Ore, hanno rivoluzionato i costumi degli italiani. Balsamo non era nuovo a queste imprese, si deve a lui, infatti, l’uscita nel giugno del 1965 di Big il settimanale giovane, un rotocalco anticonformista che avrebbe formato un’intera generazione interpretando la rivoluzione del ’68 in Italia.
Passavini descrive Balsamo così: “L’uomo che ha dato le tette all’Italia, l’artefice, tra i tanti, dei periodici Men e Le Ore è stato uno degli imprenditori più ricchi e maggiormente in vista in assoluto. Ricco, ricchissimo, epico e vanaglorioso, stramondano e sopra le righe, protagonista della Milano che beveva ante litteram. Amante dell’azzardo sul tavolo verde e nel quotidiano, con corollario di flotta di aerei ed elicotteri privati, magioni deluxe dovunque e uno stile di vita da nababbo. Un tycoon a luci rosse spregiudicato e sempre in predicato di diventare un pregiudicato, amico di certi politici e nemico di certa magistratura, coi basettoni d’ordinanza, la parlata lenta e squillante, i capelli impomatati, i completi sgargianti e litri di profumo spruzzato addosso”.
In 428 pagine fitte di vicende incredibili, nomi, circostanze, immagini e contestualizzazioni storiche documentate da ricche note, si snoda la storia degli anni più difficili della nostra Repubblica; per intenderci quelli che sarebbero passati alla Storia come “gli anni di piombo”, quel lungo decennio in cui la “strategia della tensione” avrebbe reso il nostro Paese proscenio di intrighi internazionali, in balìa di personaggi loschi e senza scrupoli che avrebbero disseminato morte e terrore nelle nostre strade. Il clima era tale che alcuni di questi personaggi si ritrovarono a lavorare sotto copertura nelle redazioni, comprese quelle di Balsamo, e seminavano messaggi e avvertimenti premonitori da brivido; emblematico il caso del sequestro di Aldo Moro le cui modalità vengono anticipate di ben dodici anni, con dovizia di particolari, sulle pagine di Men e su quelle de Il Bagaglino.
Ma per rendere meglio l’idea del periodo che vivevamo, andiamo a leggere l’incipit del capitolo 8 del libro: “Quando Le Ore esce nelle edicole (9.11.70), l’Italia è un paese in bilico tra l’orrido dove tentano di spingerla fascisti, atlantisti e servizi segreti sull’esempio della Grecia dei colonnelli - la strage di Piazza Fontana è di un anno prima mentre il golpe Borghese è alle porte – e la conquista di nuovi diritti, come il divorzio, che sta per diventare legge, in un’Italia curiale, ministeriale e da caserma, la stessa che un programma radiofonico irriverente - Alto Gradimento, di Gianni Boncompagni e Renzo Arbore, già collaboratori di Big – può finalmente mettere alla berlina. Stato fragilissimo, con governi sempre sull’orlo di una crisi. In estate è esplosa la rivolta di Reggio Calabria e in ottobre la mafia ha eletto a Palermo il suo sindaco, Vito Ciancimino. Uno Stato pieno di debiti e di spese, che amministra l’economia a colpi di decretoni, aumentando tasse, benzina, imposte contro cui sindacati e classe operaia non riescono a fare granché, nonostante lotte e mobilitazioni di massa”.
Quando nel 1975 Saro Balsamo imprime uno scatto alla sua linea editoriale e da’ una svolta ancora più licenziosa alle sue ormai innumerevoli testate, siamo in pieno Anno Santo di Paolo VI. Passavini parla di un anno orribile, per lo stupro omicida del Circeo e per l’uccisione di Pier Paolo Pasolini e scrive: “Il 1975 è allo stesso tempo anno santo e anno porno”. Per papa Paolo VI doveva essere l’anno “del rinnovamento interiore dell’uomo: dell’uomo che pensa, e pensando ha smarrito la certezza nella Verità; dell’uomo che lavora, e lavorando ha avvertito d’essersi tanto estroflesso da non possedere più abbastanza il proprio personale colloquio; dell’uomo che gode e si diverte e tanto fruisce dei mezzi eccitanti una sua gaudente esperienza da sentirsene presto annoiato e deluso… noi pensiamo di non errare scoprendo nell’uomo di oggi una profonda insoddisfazione, una sazietà unita a un’insufficienza, una infelicità esasperata dalle false ricette di felicità dalle quali è intossicato, uno stupore di non sapere godere dei mille godimenti che la civiltà gli offre in abbondanza”. Il povero Paolo VI tutto avrebbe potuto immaginare fuor che il suo proclama finisse per diventare un caso scuola di eterogenesi dei fini. Balsamo, infatti, colse a modo suo il senso di quegli ammonimenti e impresse una svolta nettamente più pornografica alle sue riviste, andando così incontro alle esigenze di quegli uomini che non trovavano più soddisfazione nel porno-soft e anelavano una decisa accelerazione verso il realismo fotografico spinto alle estreme conseguenze.
Sulle pagine dei giornali di Balsamo è passato il fior fiore della scrittura italiana: Luciano Bianciardi (la sua rubrica di libri si chiamava “I consigli di un libridinoso”), Maria Jatosti (compagna di Bianciardi), Gian Carlo Fusco, Gianni Brera, Francesco Cardella, Franco Valobra, Pietro Cimatti, Milena Milani, Lucia Alberti, Guglielmo Solci, Sergio Modugno, Marcello Mancini, Giò Stajano, Attilio Battistini, Aldo Nobile, Leoncarlo Settimelli, Walter Peroni, Paolo Brogi, Silverio Corvisieri, Ugo Moretti, Giorgio Saviane, Luigi Gianoli, Massimo Balletti, Mauro De Mauro, Annamaria Rodari, Giorgio Colorni, Isotta Gaeta, Pier Francesco Pingitore, Stefano Surace, oltre a una fitta schiera di grandi fotografi, una per tutti Letizia Battaglia.
La parte più retriva della magistratura fece di tutto per frenare il fenomeno ma i vari p.m. riuscirono solo a coprirsi di ridicolo, a partire da Oscar Lanzi che nel 1966, nel corso del famoso processo contro il giornalino scolastico La zanzara, parlava di una “donna che non ha più pudore, e senza pudore la donna non è più donna… l’abbiamo sempre concepita come un angelo, pensarla in modo diverso è immorale”, per arrivare a Guido Viola che nel 1974 mandava a processo stampatori, direttori, distributori e finanche giornalai.
Nel luglio del 1975 sarebbe arrivata finalmente una legge che avrebbe esonerato da ogni responsabilità i distributori e gli edicolanti, ma la persecuzione sarebbe ripresa successivamente con l’arrivo sul mercato delle videocassette hard, io stesso mi sono ritrovato sotto processo nel 1986 a Catania, in qualità di titolare della società di distribuzione “Sicilstampa”, con l’accusa, che peraltro non consideravo affatto ignominiosa, di “diffusione di materiale pornografico”, salvo ritrovarmi assolto con formula ampia dopo un paio d’anni “perché il fatto non sussiste” su richiesta dello stesso pubblico ministero!
Agli albori degli anni ’90 si giunge all’assoluzione giudiziaria della pornografia, che viene finalmente legittimata perché, a determinate condizioni, “non costituisce reato”: il comune senso del pudore non esiste più come questione che interessa la competenza pubblica, perché attiene alla sfera privata degli individui. Chiosa però sapientemente Passavini: “Paradossalmente è proprio il suo sdoganamento a creare i più grossi problemi alla pornografia, che ha prosperato grazia all’aura di proibito, di trasgressione e di peccato che l’ha sempre circondata”. L’impero di Balsamo crollò miseramente, incartato nel groviglio dell’ingegneria finanziaria che aveva funzionato da volano per ottimizzare i profitti quando le cose andavano bene mentre ora mostrava tutti i suoi lati deboli; anche la stanchezza dei suoi settantacinque anni vissuti spericolatamente aveva giocato la sua parte e Saro se ne andò improvvisamente la notte del 7 febbraio del 2005 nella casa in affitto dove si era ritirato dopo aver venduto tutte le sue dorate magioni.
Con l’avvento delle televisioni berlusconiane e dello sviluppo di internet, l’erotismo e la pornografia sono diventate un bene di primo consumo, basti pensare che il 30% del traffico web mondiale transita sui siti porno; Saro certamente oggi non si sarebbe perso d’animo e qualcosa si sarebbe inventato… chissà… un ologramma interattivo nelle forme di assistente sexy, in Giappone ci sono arrivati lo scorso dicembre, Saro, probabilmente, l’avrebbe immessa sul mercato all’alba del 2000.
Da questo lavoro di Gianni Passavini non potrà prescindere chiunque voglia tracciare la storia dell’editoria periodica italiana, io, che ho conosciuto personalmente tanti dei protagonisti di questa storia, Adelina e Saro in testa, l’ho trovato avvincente e sono grato all’amico Tonino Nocera, attento osservatore del mondo editoriale, che me ne ha fatto dono.
Franco Arcidiaco
Gianni Passavini, Porno di carta, pagg. 432, € 18,00. Roma 2016, Iacobelli editore



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