mercoledì 8 maggio 2013

METTI UNA SERA A BOVA...

Metti una sera di maggio a Bova (454 anime, 820 m. s.l.m.) una conferenza sul grande filologo e glottologo tedesco Gerhard Rohlfs; metti che alla conferenza intervenga il fior fiore della cultura grecanica e un manipolo di intellettuali, nonché il figlio dello stesso filologo, Eckart, giunto appositamente dalla Germania; metti che il tutto si svolga all’interno di un Consiglio Comunale aperto, il cui Sindaco, Santo Casile, abbia deciso di intestare al Rohlfs il locale “Museo della Cultura e dell’Arte Contadina dei Greci di Calabria”; metti che l’assessore Mario Caligiuri sia stato impossibilitato a intervenire, ma abbia inviato un accorato augurio di buon lavoro; metti che complessivamente la sala ospiti poche decine di persone ma che la serata si riveli di straordinario interesse e di gran livello culturale. Rohlfs considerava Bova un “monumento nazionale della grecità” e oggi Bova lo ricambia con calore; è una di quelle occasioni in cui i palazzi-non-finiti, il mare inquinato, i cumuli di spazzatura, gli ospedali fatiscenti, le folle di disoccupati, i politici corrotti e incapaci, ti sembrano lontani mille miglia dalla tua vita. Ti chiedi quali potenti e nascoste forze possano indurre una terra senza redenzione a produrre cultura alta; e finisci con l’acquisire l’orgogliosa consapevolezza di vivere in una terra che ha prodotto più Storia di quanto non ne riesca a consumare e ti viene da sogghignare al pensiero di quei poveri Padani che sono costretti a inventare storie, tradizioni e riti che non hanno mai avuto. Rohlfs scoprì la Calabria e la sua lingua attraverso i prigionieri della Prima Guerra Mondiale ristretti nelle carceri tedesche; attratto dal fascino di quelli che considerava i discendenti dei coloni della Magna Grecia, cominciò, sin dal 1921 e per ben 60 anni, a visitare regolarmente la Calabria. Per dirla con Pasquino Crupi, “Rohlfs, tedesco meridionalista, interrompe la tradizione nefasta dei viaggiatori stranieri che dicevano che l’Europa finiva a Napoli”, anzi arriva a dichiarare, come riferisce il prof. Filippo Violi, che in 60 anni di viaggi nei luoghi più impervi e sperduti della Calabria, non ha mai avuto un benché minimo problema! Nell’ascoltare queste parole non ho potuto fare a meno di scambiare uno sguardo di compiacimento con il Commissario del Parco d’Aspromonte, Antonio Alvaro, che mi sedeva a fianco. Rohlfs difese sempre il prestigio della nostra regione. Nel 1921, appena giuntovi, avendo potuto costatare il contrasto tra la pessima fama e la reale situazione del vivere civile dei calabresi, così scrisse in un articolo apparso in Germania: “Calabria! Quali foschi e raccapriccianti ricordi non si destano in Germania al pronunziare del nome di questo estremo ed inaccessibile nido del brigantaggio! Quale ripugnanza ed orrore non persistono tuttavia, anche a Milano e a Roma, per questa terra famosa, dolorante e malnata; così miseramente ed ingiustamente dallo Stato negletta… In questa terra infiltrata della cultura di parecchi secoli, e in cui tante nazioni si avvicendarono l’una dopo l’altra, ogni fiume, ogni pietra, ogni paesello annidato su di una rupe rappresenta qualche cosa piena di memorie storiche; e da tutta la superficie sua, spira come un soffio di antico e venerabile tempo”. Gli altri relatori della serata sono stati il Conservatore di Beni Culturali Pasquale Faenza e lo studioso Franco Tuscano. E’ emersa la figura di Rohlfs quale “Archeologo della Lingua”, un’archeologia che marca la differenza tra la Grecità sepolta degli scavi e quella vivente “che puzza di capra”, per dirla col prof. Crupi. Il glottologo tedesco intendeva il Mezzogiorno come un “grande corpo di Civiltà”, un Meridionalismo Creativo il suo che, è ancora Pasquino Crupi a parlare: ”Ha inequivocabilmente il Popolo come fonte di ispirazione”. Tutti concordi nel sostenere che, dopo di lui, non è stato scoperto più nulla nel campo della filologia creativa. Tutto questo accadeva l’altra sera a Bova, nel frattempo sui media nazionali…
Franco Arcidiaco

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