domenica 26 maggio 2013

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI CULTURA? (ovvero... Come la Regione Calabria intende il Salone del Libro)

Di cosa parliamo quando parliamo di cultura? Parafrasando il grande scrittore minimalista americano Raymond Carver, è questa la domanda che mi sono posto stamattina (ieri, per chi legge) appena trovatomi davanti al grande stand della Regione Calabria, che, non dimentichiamo, è la Regione Ospite di questa edizione del Salone del Libro di Torino. Ho già avuto modo di dire, dalle colonne di questo giornale, cosa penso del mancato coinvolgimento degli editori a un Salone del Libro, ma quello che ho visto oggi va al di là dell'umana immaginazione. Il sistema-Calabria ha ancora una volta dimostrato tutti i suoi limiti permeato, com'è, di provincialismo, supponenza, scarsa professionalità e clientelismo. Ti può capitare allora di arrivare allo Stand e pensare di aver sbagliato Fiera, ti aspetti di vedere scaffali colmi di libri e li trovi invece ricolmi di derrate alimentari e allora ti guardi in giro per vedere dove si è nascosto Franco Neri, magari sei capitato nel bel mezzo di una puntata di Zelig! Poi capisci che sei solo entrato dalla parte sbagliata; girato l'angolo, i libri li trovi pure, ma a quel punto ti sembrano quasi fuori posto. Ha ragione Paola Bottero, significa per caso che ci toccherà portare i libri al prossimo Salone del Gusto? Giovanni e Nunzio, loro sì veri professionisti, librai Ubikiani-resistenti, tengono le bocche rigorosamente chiuse anche se i loro sguardi smarriti sono eloquenti; ma la verità è sotto gli occhi di tutti: nemmeno un quinto del grande stand è occupato dai libri. Alla manifestazione inaugurale il Governatore, annunciato, non è pervenuto, pare si trovi in America (forse richiamato dai tour operator californiani che vogliono raccontata ancora una volta la storiella delle grandi navi da crociera nei porti (?!) calabresi). È toccato quindi all'assessore Mario Caligiuri che ha sciorinato i soliti numeri fantasmagorici sui risultati della politica culturale della Giunta, al collega Massimo Tigani Sava che tanto si sta impegnando per promuovere le eccellenze gastronomiche (?!) calabresi e a Giorgio Albertazzi, il quale a un certo punto, consapevole di trovarsi fuori posto, se ne è uscito sfoderando (da par suo) un argomento a piacere. Incrociando lo sguardo con una vecchia amica, storica rappresentante della società che organizza il Salone, ho capito che le perplessità non erano solo mie, questa "contaminazione gastronomica", fatto sicuramente inedito per la Fiera del Libro, è stata accolta con sorrisetti di scherno, tramutati ipocritamente in battute compiacenti a secondo dei casi. Un altro giro per lo stand mi ha consentito di completare il quadro della situazione: l'aberrante politica delle clientele ha avuto la meglio ancora una volta, e quella che doveva essere una grande opportunità per l'affermazione della vera cultura calabrese è stata trasformata nella solita sagra strapaesana che ha consentito ai politici (manuale Cencelli alla mano) di gratificare compari, comparelli e sodali di ogni tipo. Spazio dunque a una Fondazione (scelta come?), a una pittrice (scelta come?), a un' Associazione Onlus (scelta come?), a un grande artigiano (scelto come?). Beninteso si tratta di persone serie, ispirate certamente da nobilissime aspirazioni, alcune addirittura da tragiche vicende familiari, ma tutto questo cosa c'entra con la Cultura e con l'Editoria? La tragica vicenda della piccola Giulia, alla cui famiglia va tutta la mia sentita e concreta solidarietà, avrebbe meritato ben altre attenzioni dalla Regione Calabria; se qualcuno, così facendo, pensa di mettersi l'anima in pace si sbaglia di grosso. La politica calabrese è una storia di malversazioni, incapacità e malafede e non sarà mai purificata da clamorose operazioni di facciata come questa.
Franco Arcidiaco

Nessun commento:

Posta un commento