lunedì 2 marzo 2009

IL GRANDE BLUFF POLITICA, CREDITO E FINANZA

Nello scorso mese di ottobre ho pubblicato alcuni articoli (su "il Manifesto" e "Carta") in cui denunciavo l'anomalia del caso italiano in merito al default del sistema bancario. Infatti, mentre tutti gli altri paesi europei scoprivano le carte e annunciavano le misure governative necessarie per impedire il crollo del sistema creditizio, il governo Berlusconi, coadiuvato dal silenzio del governatore Draghi, rassicurava gli italiani con messaggi del tipo: le nostre banche sono state più prudenti, il nostro sistema è il più solido di tutti, ecc. E così gli italiani non si sono fatti prendere dal panico, non hanno ritirato i propri risparmi dalle grandi banche, non si sono messi in fila, com’è accaduto in Inghilterra con il fallimento della Northen Rock ( poi nazionalizzata). Insomma, nell'immagine che abbiamo di noi stessi, nello specchio su cui ci fanno riflettere i mass media, ci siamo sentiti gratificati dal fatto di vivere nell'unico paese al mondo dove i grandi istituti bancari (Intesa S. Paolo, Unicredit, MpS, ecc.) sono governati da saggi manager che non hanno inseguito gli extraprofitti generati per anni dai famigerati hedge fund, ma si sono accontentati dello spread che si realizza tra acquisto -dalla BCE- e vendita al pubblico del denaro.
Niente di più falso, ma il bluff fino ad oggi ha funzionato. Grazie ad un'altra, decisiva, anomalia italiana: la privatizzazione della Banca d'Italia. Questo fatto, conosciuto solo dagli addetti ai lavori, è di una gravità inaudita. Come volete che operi il Governatore Draghi che, a parte il nome che incute timore, deve dare conto ad un consiglio di amministrazione in cui le quote di maggioranza sono in mano alle tre più importanti banche italiane? Controllori e controllati si scambiano le parti, un vizio non solo italico, ma a cui questo paese è molto affezionato.
Ma adesso che usciranno allo scoperto i bilanci del 2008, che qualcuno farà notare che negli attivi ci sono ancora montagne di crediti inesigibili e titoli spazzatura, allora che cosa succederà? Sicuramente il nostro governo non dispone dei 500 miliardi messi sul tavolo dalla Merkel per sostenere il sistema creditizio teutonico, o dei 320 miliardi che ha tirato fuori il governo Sarkozy, e neanche dei 150 miliardi di euro che Zapatero ha dovuto mettere a disposizione del sistema creditizio spagnolo.
Con il rapporto Debito/Pil più alto della UE, con un rapporto Deficit/Pil che ha già sfondato abbondantemente la soglia del 3%, l’unica cosa che può fare il governo è quella di fare l’assuntore del fallimento delle banche che falliranno. In questo modo potrà pagare i crediti con tagli del 60-70%, ridurre drasticamente il personale, senza naturalmente parlare di nazionalizzazione delle banche, fenomeno che sta investendo tutti i paesi occidentali. No, ha ragione il governo Berlusconi, in Italia nessuna nazionalizzazione di banche, solo sciacallaggio e distribuzione delle spoglie ai soliti amici del presidente “asso pigliatutto”. Di fronte a questo scenario inquietante è mancata totalmente una voce dell’opposizione, un pensiero di Sinistra, chiaro e lucido, che spiegasse ai lavoratori, ai piccoli imprenditori che ormai faticano a trovare due spiccioli di credito, quale fosse la realtà e quale fosse l’inganno. La questione del credito e della finanza è diventata una questione di primaria importanza sul piano politico. La SE dovrebbe presentare una sua posizione unitaria sul sistema del credito e della finanza, affinché si eviti di rattoppare il sistema, di drenare ricchezza monetaria ai lavoratori ed alle piccole e medie imprese, e si ripensi su altre basi la gestione sociale e politica del denaro. In Italia, poi, la questione politica più urgente, l’emergenza negata è lo scandalo della privatizzazione della Banca d’Italia. Un disastro per la gestione del risparmio di milioni di persone. Stiamo cominciando a capire che da questa Crisi Globale non si esce con la politica dei piccoli passi, con un po’ più di interventi pubblici, con qualche nazionalizzazione di banche o grandi imprese. E non basta nemmeno la sacrosanta redistribuzione del reddito nazionale, né dare un po’ più di soldi ai lavoratori ed ai pensionati, come propone Die Linke. Pur essendo necessario è insufficiente. Ci vuole un cambiamento nel modo con cui usiamo il denaro, e quindi il credito, nella gestione sociale e politica di questo strumento che da mezzo, utile all’umanità, è diventato un fine che distrugge la società.
Tonino Perna, Liberazione 25 febbraio 2009

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