lunedì 3 settembre 2012

MINCHIA NON SI IAPRI STRILL...

Minchia non si iapri Strill, cu sapi chi succiriu a Rriggiu! Martedì mi trovavo in una splendida azienda agri-vinicola di Milo alle pendici dell'Etna (a proposito da quelle parti sono cent'anni avanti rispetto a noi, ma questa è un'altra storia...); tra un bicchiere e l'altro mi sono appartato con il mio Ipad e ho aperto Strill pi viriri chi ssi rici a Rriggiu e quella maledetta trottolina continuava a girare a vuoto. Minchia cu sapi a 'ccu 'ttaccaru... Il mio vecchio cuore giustizialista (ormai direi forcaiolo) ha cominciato a battere all'impazzata, ho continuato a fare il tip tap sullo schermo e poi mi sono rassegnato a telefonare a mio fratello a Reggio. Ho saputo così dell'arresto dell'ennesimo consigliere regionale. A parte la facile battuta che a questo punto sarebbe conveniente trasformare direttamente Palazzo Campanella in un supercarcere, risolvendo così anche l'annoso problema dell'edilizia carceraria, ho riflettuto sulla triste condizione della nostra città. Come al solito mi ha aiutato l'arguta analisi di Giusva Branca e la sua considerazione sull'incapacità di percezione del problema da parte della società cosiddetta civile e sull'abbassamento delle difese immunitarie di onestà di ciascuno. A riprova però della peculiarità della situazione reggina, vorrei sottolineare anche l'irrompere sulla scena dell'inedita figura del "politico giustiziere". Con buona pace, infatti, dei teorici dell'antipolitica e dei sostenitori dei savonarola mediatici, la politica ha dimostrato di possedere gli anticorpi che mancano alla società civile. Non mi sembra azzardato dichiarare che senza l'iniziativa di politici di lungo corso quali Demetrio Naccari, Seby Romeo e Aurelio Chizzoniti, oggi saremmo ancora qui a trastullarci con le magnifiche sorti e progressive del Modello Reggio imbevendoci del verbo del nostro amato Governatore. Certo qualcuno potrà pur sostenere che sono stati mossi da poco nobili interessi personali ma, a parte il fatto che tale discorso può valere solo per Chizzoniti che ha un interesse diretto verso le disgrazie di Rappoccio, i poveri Naccari e Romeo non mi pare che siano diventati i paladini del popolo reggino. Naccari anzi è finito sotto il fuoco incrociato di dossier e ricostruzioni giornalistiche prêt-à-porter.
La cosiddetta società civile e le sue folcloristiche propaggini salottiere buone solo ad accendere qualche fiaccola, non hanno saputo far altro che pendere dalle labbra della magistratura inquirente e dell'ex inquilino dei piani alti del Cedir della cui roboante attività ha coraggiosamente parlato l'avv. Chizzoniti dalle stesse pagine di Strill. Evito di produrmi in divagazioni su argomenti di cui non ho conoscenza diretta, ma mi hanno fatto riflettere le parole di Giovanni Falcone a proposito di Giuseppe Pignatone, riportate in più occasioni da un giornalista attento e credibile quale Paride Leporace (vedi il sito "www.cadoinpiedi.it" e il suo libro "Toghe rosso sangue"). Sulla vicenda di Rappoccio, invece, mi fa sorridere il suo ineffabile atteggiamento che lo ha portato a querelarmi assieme al collega Giuseppe Baldessaro; dalle pagine del Quotidiano avevamo ironizzato sulla sua presenza all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario e lui, poverino, si era sentito offeso, che sensibilità! Come si dice in questi caso? Aspettiamo sereni che la Magistratura svolga il suo lavoro. Ma io aggiungo di aspettare (non molto sereno) che i reggini imparino a scegliere i propri candidati e a smetterla di ritenere la politica come il cassetto dei propri bisogni personali.
Franco Arcidiaco

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