domenica 27 marzo 2022
ALEXANDR DUGIN, MASSIMO FILOSOFO RUSSO CONTEMPORANEO, SULLA GUERRA IN UCRAINA
Aleksandr Dugin è un filosofo e politologo russo. La sua dottrina sviluppa il pensiero di Martin Heidegger e lo coniuga con il pensiero della scuola tradizionalista di René Guénon e Julius Evola. Dugin ha svolto un ruolo importante nella filosofia russa dopo il crollo dell’URSS, traducendo e contestualizzando i succitati autori.
Secondo Dugin le forze della civiltà occidentale liberale e capitalista rappresenterebbero quella che gli antichi greci chiamavano hybris, ovvero l'orgogliosa tracotanza che porta l'uomo a presumere della propria potenza e fortuna e a ribellarsi contro l'ordine costituito, sia divino che umano, immancabilmente seguita dalla vendetta o punizione divina. Dugin la definisce "la forma essenziale del titanismo", dell'anti-misura emergente dalla Terra, che osteggia il Cielo. In altre parole, l'Occidente sintetizzerebbe "la rivolta della Terra contro il Cielo". Il pensiero dughiniano è caratterizzato da un approccio escatologico per cui, nelle sue parole, "una volta che il Cielo reagisce, gli dèi restaurano la misura". Dugin contrappone all’ “unipolarismo omologante” dell’Occidente, l’“Uno” platonico che egli traduce nell’idea di “Impero”.
Dugin ha stretti legami con il Cremlino e le forze armate russe ed è unanimemente riconosciuto come "il Rasputin del Cremlino" e "l'ideologo di Putin"; in effetti Dugin, pur criticando le passate collaborazioni di Putin con l’Occidente, si può considerare suo consigliere e ispiratore filosofico.
Dugin è inoltre noto per aver teorizzato la creazione di un "impero eurasiatico" fondato su principii di ordine spirituale in grado di combattere l'Occidente guidato dagli Stati Uniti d'America, visti come epicentro delle forze dissolutrici, occulte e antispirituali. Dugin è stato l'organizzatore assieme a Ėduard Limonov (l’agitatore politico reso celebre dalla biografia romanzata scritta da Emmanuel Carrère) del Partito Nazional Bolscevico, e successivamente del Fronte Nazionale Bolscevico e del Partito Eurasia, trasformatosi poi in associazione non governativa. L'ideologia eurasiatista di Dugin mira all'unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico paese attraverso lo smembramento territoriale coatto delle ex–repubbliche sovietiche, concetto questo che sta chiaramente alla base di questa fase della politica putiniana.
Per questa sua caratteristica, Dugin ha seguaci su ogni sponda politica, anche se, a mio avviso pretestuosamente e superficialmente, viene perlopiù etichettato come fascista e reazionario.
In occasione della crisi Ucraina, alta si è levata la sua voce che, però, è stata una delle prime ad essere oscurata dai padroni del pensiero unico occidentale. Vale la pena, pertanto, leggere alcune sue dichiarazioni:
“…Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto del globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista. E noi siamo in guerra esattamente con questo. Da qui la loro legittima reazione. La Russia viene ormai esclusa dalle reti globaliste. Non ha più una scelta: o costruire il suo mondo o scomparire. La Russia ha stabilito un percorso per costruire il suo mondo, la sua civiltà. E ora il primo passo è stato fatto. Ma sovrano di fronte al globalismo può essere solo un grande spazio, un continente-stato, una civiltà-stato. Nessun paese può resistere a lungo a una completa disconnessione. La Russia sta creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i processi più difficili e pericolosi.
Ma quando vinciamo, tutti ne approfittano. È così che deve essere. Stiamo creando i presupposti per una vera multipolarità. E quelli che sono pronti ad ucciderci ora saranno i primi ad approfittare della nostra impresa domani. Scrivo quasi sempre cose che poi si avverano. Anche questo si avvererà” …
E ancora: “Cosa significa per la Russia rompere con l’Occidente? È la salvezza. L’Occidente moderno, dove trionfano i Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione. E quanto prima e più completamente la Russia se ne stacca, tanto prima ritorna alle sue radici. A cosa? Cristiano, greco-romano, mediterraneo-europeo… Cioè, alle radici comuni al vero Occidente. Queste radici – le loro! – l’Occidente moderno le ha tagliate fuori. E sono rimaste in Russia.
Solo ora l’Eurasia sta alzando la testa. Solo ora il liberalismo in Russia sta perdendo il terreno sotto i piedi. La Russia non è l’Europa occidentale. La Russia ha seguito i greci, Bisanzio e il cristianesimo orientale. E sta ancora seguendo questa strada. Sì, con zig-zag e deviazioni. A volte in vicoli ciechi. Ma si sta muovendo.
La Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il mondo moderno.
E l’Europa deve rompere con l’Occidente, e anche gli Stati Uniti devono seguire coloro che rifiutano il globalismo. E allora tutti capiranno il significato della moderna guerra in Ucraina.
Molte persone in Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea. Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo saranno.
La rottura con l’Occidente non è una rottura con l’Europa. È una rottura con la morte, la degenerazione e il suicidio. È la chiave del recupero. E l’Europa stessa – i popoli europei – dovrebbero seguire il nostro esempio: rovesciare la giunta globalista antinazionale. E costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea”.
Nella penosa deriva ideologica che stiamo vivendo da oltre un trentennio, il pensiero di Dugin si erge come un faro che apre una relazione con la lontananza, simbolo di conoscenza; come un faro, il pensiero di Dugin illumina le cose e poi le restituisce al buio, una sentinella che si oppone al dilagare del nulla, allo smarrimento del vuoto, al disagio esistenziale, all’indifferenza del cielo.
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