lunedì 2 novembre 2015

QUANDO E’ MORTO PASOLINI…

…avevo 22 anni; avevo superato 11 esami a Scienze Politiche e mi ero incagliato su “Metodologia delle scienze sociali” di don Domenico Farias che non sopportava il mio eskimo e le mie camicie rosse (o forse ero io che non sopportavo la sua tonaca); avevo dunque appena lasciato l’Università perché la voglia di leggere e di studiare quello che mi interessava, era più forte di ogni altra cosa. Poi c’era la politica e quella grande scuola di vita e di pensiero che erano le sezioni del PCI che frequentavo da quando avevo 18 anni. Poi c’era l’etica del lavoro che mi aveva trasmesso mio padre e quella della famiglia che mi aveva trasmesso mia madre. E poi c’era lui, Pier Paolo Pasolini e i suoi straordinari articoli sul Corriere della Sera, e sulle riviste Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova generazione e Paese Sera tra il 1973 ed il 1975 (che sarebbero poi stati raccolti da Garzanti su Scritti Corsari) e su Vie Nuove (pubblicati tra il 1960 e il 1965), si trattava di una rubrica di dialoghi con il lettore, di cui io lessi un’antologia pubblicata da Editori Riuniti nel 1977 col titolo Le belle bandiere.
Pasolini mi aveva portato, dove non erano riuscite a farmi arrivare le altre mie letture, la politica della sezione, l’esempio dei miei genitori. Con lui riuscivo a decodificare la società italiana, i suoi mali, i suoi misteri, le angosce che essa mi trasmetteva. Le sue analisi erano lucide, crude e sincere e… spiazzanti, nel senso che spesso arrivavano molto aldilà di dove mi conduceva il dogmatismo della mia dottrina. Lui era un uomo solitario, costituiva un mondo a parte e si scontrava con quella classe di perbenisti e conformisti che erano i veri responsabili del degrado culturale e sociale. Di Pasolini adoravo il cinema, non amavo invece la sua vena poetica e meno ancora quella narrativa; ma dove lo trovavo insuperabile, anzi direi indispensabile, era nella sua maniera di andare controcorrente, poiché riusciva ad esprimere, con grande coraggio e massima chiarezza, tesi politiche che ancora oggi rimangono di grande attualità. Il suo spirito critico raro e profondo, gli consentiva di trattare tematiche sociali che erano alla base dei grandi scontri culturali dell'epoca, come l'aborto e il divorzio, e che disorientavano i giovani che si avvicinavano in quel periodo alla vita e alla politica.
Pier Paolo Pasolini aveva semplicemente previsto tutto, deriva berlusconiana compresa con annessa dittatura mediatica; ci aveva spiegato chi c’era dietro le stragi di stato e aveva frenato le nostre intemperanze estremistiche. Purtroppo ad ascoltarlo siamo stati in pochi, così come pochi siamo quelli che oggi lo rimpiangiamo.

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