L’Assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri, intervenendo alla Fiera del Libro di Lamezia Terme, ha annunciato che il 22 novembre i vertici della Regione Calabria presenteranno “Il libro verde sulla lettura” in presenza di Tullio De Mauro, il più grande linguista italiano vivente. L’assessore Caligiuri, con grande gentilezza, ci ha fatto pervenire il testo, tecnicamente denominato: “Interventi per favorire la lettura in Calabria”. Di tale testo pubblichiamo qui di seguito la premessa che fotografa la realtà calabrese. Quando il Governatore Giuseppe Scopelliti ha nominato il prof. Mario Caligiuri assessore alla cultura non ho esitato a definirlo “L’uomo giusto al posto giusto”; in questi primi mesi di governo Caligiuri non ha deluso le aspettative, da oggi la sua azione entra nella fase strutturale in un momento quanto mai opportuno visto lo stato in cui versa la filiera editoriale calabrese.
In Calabria si legge poco. Troppo poco per una regione moderna che vorrebbe/dovrebbe essere già pronta e capace di affrontare, con strumenti culturali adeguati, le grandi ineludibili sfide sociali ed economiche del presente e del futuro. Questo deficit è certificato nei dati dell’ISTAT, dell’AIE (Associazione Italiana Editori) e di tutte le agenzie che si sono occupate di questo tipo di ricerche.
Si legge poco, quindi c’è poca informazione e a questo si aggiunge - come causa e conseguenza - uno dei più bassi livelli di consumo culturale dell’intero paese.
In Calabria sono poco utilizzati anche i nuovi media, strumenti di straordinario supporto alla ricerca e alla conoscenza che ormai veicolano gran parte della cultura e dell’informazione contemporanea.
I calabresi sono più vittime di altri del digital divide che colpisce soprattutto le generazioni adulte, ma anche molti giovani che hanno meno competenze informatiche dei loro coetanei italiani e sono lontanissimi da quelle dei giovani di altri paesi europei.
Sono dati drammatici che frenano la volontà di cambiamento e di modernizzazione della società calabrese che la Giunta Regionale, guidata da Giuseppe Scopelliti, vuole realizzare, mossa com’è dalla consapevolezza che per affrontare i numerosi e gravi problemi del presente è necessario che si affermi un paradigma culturale moderno, basato su una nuova idea di cittadinanza e di identità regionale.
Il ritardo culturale penalizza il sistema economico calabrese e le sue prospettive; una forza lavoro poco qualificata è, infatti, condannata a ruoli marginali all’interno del mercato del lavoro; non vi può essere, infatti, reale possibilità di sviluppo sociale ed economico per il territorio e la società calabrese senza la partecipazione attiva, consapevole e qualificata di tutti i suoi abitanti. Inoltre poiché una quota sempre maggiore della ricchezza è legata allo sviluppo dell’economia della creatività e della cultura, il permanere di un forte cultural divide esclude la Calabria dai rilevanti benefici di questo specifico sviluppo.
I dati statistici confermano che la percentuale dei lettori calabresi è di circa 7-8 punti in meno rispetto alla media nazionale, la quale già si colloca molto indietro rispetto ai paesi occidentali più progrediti.
Le cause di tutto questo ritardo culturale sono numerose e complesse; gli studiosi sostengono che la non lettura è una conseguenza diretta del basso livello economico e di scolarità delle famiglie, dell’esistenza o meno di piccole biblioteche domestiche e di tanti altri fattori collegati alla dimensione soggettiva e sociale di ciascun cittadino.
Altre indagini, condotte con regolarità da un organismo internazionale quale l’OCSE, testimoniano anche di una diffusa mancanza di competenza alla lettura tra gli studenti delle scuole superiori: un allievo su tre pur riconoscendo i segni dell’alfabeto non è in grado di comprendere i contenuti di un breve e semplice testo scritto.
Le strategie per affrontare il problema dell’incremento dei lettori e in particolare di formare lettori critici, capaci cioè di divenire soggetti sociali attivi protagonisti del proprio tempo, sono purtroppo lunghe e complesse e dipendono da cambiamenti di lungo periodo della Calabria, ma esiste anche un ambito circostanziato nel quale la Regione può fare molto e subito.
È il settore dell’infrastrutturazione culturale delle città e dei paesi della regione, la possibilità cioè di intervenire per qualificare o creare nuovi servizi che possano favorire la lettura e la partecipazione più diretta alla vita culturale.
Ed è proprio su questo terreno che si evidenzia la distanza tra la Calabria e il resto dell’Italia e dell’Europa; quasi ovunque, anche in presenza della grave crisi economica e finanziaria, si registrano adeguati investimenti per realizzare nuove e moderne biblioteche, mediateche, luoghi di aggregazione e formazione, mentre in Calabria si continuano a registrare ampi ritardi e in qualche caso addirittura si arretra rispetto alla realizzazione di questi stessi obiettivi.
Ritardi e arretratezze che si riflettono sull’intera società regionale, che pesano sulle sue strategie di sviluppo anche economico, che confliggono con la necessità di affermare una nuova identità di Calabria fondata sui valori condivisi di democrazia, legalità e senso di responsabilità collettivo rispetto alle mete da raggiungere.
Lo scopo di questo documento è di indicare concretamente quegli interventi che possono essere realizzati da subito e per i prossimi anni della legislatura regionale, per supportare tutte le strutture che elaborano e diffondono cultura e informazione, tenendo conto delle risorse economiche ordinarie e straordinarie che intorno a questi obiettivi è possibile indirizzare.
Si tratta di un obiettivo di straordinaria rilevanza sociale prima ancora che culturale, un atto dovuto nei confronti di tutti i calabresi, per consentire loro di esprimere anche nel futuro quel grande patrimonio di cultura e di civiltà che hanno saputo esprimere nel passato e di cui tutti siamo fieri e orgogliosi.
mercoledì 17 novembre 2010
domenica 14 novembre 2010
NON VI E’ COSA PIU’ INTATTA DI UN CUORE SPEZZATO
Il mio amico Tonino Nocera, fine e appassionato studioso della cultura ebraica, si è assunto l’ingrato compito di ripristinare il mio rapporto con il mondo yiddish, fortemente compromesso dalla politica imperialista dello stato di Israele e dalla persecuzione inflitta al popolo Palestinese. Sappiamo tutti quanto sia subdola la tendenza a confondere l’antisionismo con l’antisemitismo, al fine di bollare con quest’ultimo infamante epiteto tutti coloro che non condividono la politica estera israeliana. Io ho sempre rivendicato la mia posizione antisionista ma non mi ha mai minimamente sfiorato alcun sentimento antisemita. Anzi sono fortemente attratto dalla cultura ebraica e non perdo occasione di accostarmisi, con tutto il rispetto e l’umiltà che richiede lo studio di un patrimonio così immenso e variegato. Quando Tonino mi ha fatto dono dello splendido libriccino “Yossl Rakover si rivolge a Dio” di Zvi Kolitz, ero appena rientrato da Roma dove, durante una cena in uno dei miei ristoranti preferiti della capitale, La taverna del Ghetto, ero stato letteralmente ghermito dal dipinto presente in una delle sale, raffigurante un rabbino che studia la Torah; il quadro, dal tono caravaggesco (richiama infatti in un certo senso il “San Gerolamo”), emana una spiritualità che ha turbato in modo insolito e direi imbarazzante il mio animo materialista. Non ho perso un attimo quindi a divorare le trenta serratissime pagine del testo e le sessanta dei due saggi a corredo; c’è da dire subito che il testo è un falso, Yossl Rakover non è mai esistito, siamo al cospetto pertanto di “Un testo bello e vero come solo la finzione può esserlo” per dirla con Emmanuel Levinas autore del bellissimo saggio che chiude il libro. Il documento sarebbe stato scritto durante le ultime ore della Resistenza nel ghetto di Varsavia, il narratore sarebbe stato testimone di ogni sorta di orrori e avrebbe perso in circostanze atroci tutti i suoi cari, compresi i piccoli figli. Negli ultimi istanti di vita raccoglie, a mo’ di testamento spirituale, i suoi ultimi pensieri e li trascrive su alcuni fogli che sigilla con cura in una piccola bottiglia, che sarebbe stata ritrovata dopo qualche tempo “tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane”. Ci troviamo in sostanza al cospetto di “un testo che supera l’autore”, come scrive Paul Badde nell’altro saggio che dovrebbe servire a raccontare la storia del testo e del suo vero autore, ma risulta mal scritto (o mal tradotto), confusionario e finisce coll’appesantire l’edizione (complimenti alla mitica Adelphi ed ai suoi editor…); chiunque l’abbia scritto , quando, dove e perché conta poco o nulla, si tratta di un testo straordinario che meritava un prefatore molto più serio di questo Paul Badde, che non riesce a frenare il suo anticomunismo viscerale, arrivando addirittura a mettere sullo stesso piano il presunto antisemitismo di Stalin e quello tragicamente reale di Hitler. Sentite invece le parole che usa il grande Levinas per commentare il passaggio in cui Yossl dichiara di amare la Legge delle sacre scritture più dello stesso Dio (ecco il fascino della Torah…): “Il testo dimostra come l’etica e l’ordine dei princìpi instaurino un rapporto personale degno di questo nome. Amare la Torah ancora più che Dio è per l’appunto accedere a un Dio personale contro il quale ci si può rivoltare, per il quale, cioè si può morire”. Questo straordinario concetto svela la grande modernità del pensiero ebraico e mi consegna una chiave di lettura (o un alibi, fate voi) per giustificare l’attrazione fatale che questa religione esercita su un ateo incallito e convinto come me. Sentite questo passaggio dell’invettiva di Yossl: “Non vi è cosa più intatta di un cuore spezzato, ha detto una volta un grande rabbino. E non vi è popolo più eletto di uno sempre colpito… Credo nel Dio d’Israele, anche se ha fatto di tutto perché non credessi in lui… Il mio rapporto con lui non è più quello di uno schiavo verso il suo padrone, ma di un discepolo verso il suo maestro. Chino la testa dinanzi alla sua grandezza, ma non bacerò la verga che mi percuote. Io lo amo, ma amo di più la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui. Dio significa religione, ma la sua Legge rappresenta un modello di vita, e quanto più moriamo in nome di quel modello di vita, tanto più esso diventa immortale”.
Sarà anche la fame di etica indotta dai tempi bui che stiamo vivendo, ma a me tutto ciò appare sublime!
Franco Arcidiaco
Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio
Adelphi, 1997 Pagine 98 Euro 7,50
Sarà anche la fame di etica indotta dai tempi bui che stiamo vivendo, ma a me tutto ciò appare sublime!
Franco Arcidiaco
Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio
Adelphi, 1997 Pagine 98 Euro 7,50
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