domenica 17 ottobre 2021

FASCISTI O VIOLENTI SELVAGGI?

In questi giorni si è abusato del termine “fascista”, anche sull’onda emotiva conseguente gli scontri di Roma e l’assalto alla sede della CGIL. Si è abusato al punto tale da far apparire ragionevole finanche Giorgia Meloni, che in parlamento ha spiegato chiaramente cosa può accadere nel momento in cui gli addetti all’ordine pubblico perdono (volontariamente, come lei sostiene con malizia, o meno) il controllo della piazza. Chi si aspettava una replica del celebre “discorso del bivacco” all’interno “dell’aula sorda e grigia” di memoria mussoliniana, è rimasto deluso. La Giorgia nazionale ha avuto buon gioco a mettere alle spalle al muro la ministra dell’interno Lamorgese, apparsa chiaramente indifendibile. La Meloni sa bene che non si può togliere per legge dalla testa a chi si crede fascista di fare il fascista, ma sa altrettanto bene che non è questo oggi il problema principale della società italiana. La parola-chiave “fascista” viene spesso tirata fuori dalla Storia e gettata nell’agone della cronaca ma, come ha chiarito più volte lo storico Emilio Gentile, allievo di Renzo De Felice: «La qualificazione di fascista nei modi in cui ora è adoperata, rischia di diventare un semplice e generico detto di contumelia, buono per ogni occorrenza, se non si tiene fermo il proprio suo significato storico e logico». Gentile è il più grande storico del fascismo da decenni e non si può prescindere dai suoi classici (due su tutti: “Le origini dell’ideologia fascista” del 1975 e “Storia del Partito fascista” del 1989 riedito nel 2021) se si vuole studiare a fondo il ventennio. Molto opportunamente due anni fa, Gentile, rendendosi conto della necessità di mettere un po’ d’ordine nell’interpretazione degli eventi, ha pubblicato con Laterza un agile pamphlet denominato “Chi è fascista”. Dalla sinossi del libro leggiamo: «A 100 anni dalla nascita del movimento fascista, a oltre 70 dalla fine del regime, 'il fascismo è tornato'. In rete e nei media l'allarme è al massimo livello. Caratteristiche del nuovo fascismo sarebbero: la sublimazione del popolo come collettività virtuosa contrapposta a politicanti corrotti, il disprezzo della democrazia parlamentare, l'appello alla piazza, l'esigenza dell'uomo forte, il primato della sovranità nazionale, l'ostilità verso i migranti. Fra i nuovi fascisti sono annoverati Trump, Erdoğan, Orbán, Bolsonaro, Di Maio, Salvini. Insomma, all'inizio del XXI secolo, trapassato il comunismo, disperso il socialismo, rarefatto il liberalismo, il fascismo avrebbe oggi una straordinaria rivincita sui nemici che lo avevano sconfitto nel 1945. Ma cos'è stato il fascismo? È stato un fenomeno internazionale, che si ripete aggiornato e mascherato? Oppure il 'pericolo fascista' distrae dalle cause vere della crisi democratica?». Gentile mette in guardia da una narrazione «che mescola fatti, invenzioni, miti, superstizioni, profezie, paure e illusioni. Una narrazione che inevitabilmente provoca l’anchilosi della mente critica e ci impedisce di comprendere il presente». In un’intervista a Carmelo Caruso de Il Foglio è stato ancora più tranchant: «Non credo che abbia alcun senso, né storico né politico, sostenere che oggi c’è un ritorno del fascismo in Italia, in Europa o nel resto del mondo». Spiega ancora il professore: «Cerco periodicamente di liberarmi da questa domanda (“sta tornando il fascismo?”) offrendo sempre la stessa risposta. Fascismo non significa più nulla quando diventa una parola che si può applicare a tutto. È come la mafia. Se tutto è mafia, niente è mafia. È ormai una delle quattro parole italiane entrate nel lessico internazionale insieme a spaghetti, pizza e appunto mafia. Non sappiamo neppure inventarci una nuova parola… è un’onda lessicale che si alza e si abbassa. Anche quello di oggi non è un effettivo ritorno del fascismo ma un uso sempre più elastico della parola». La lucidità dello storico ci deve indurre a raddrizzare lo sguardo e focalizzare la nostra attenzione sulla realtà che ci sta davanti, che registra l’abbattersi di un’ondata di selvaggia violenza che non risparmia più, ormai, alcun angolo del globo. Gentile è chiarissimo e non da spazio a interpretazioni diverse: «È l’età selvaggia. È l’età dei selvaggi. Un’età di ignoranza, di angoscia e di ostilità. Nasce da mezzi di informazione irrazionali e dalla stupidità. Come si può chiedere di essere ragionevoli quando in televisione si dà libero sfogo a tesi antiscientifiche? Non è più informazione ma qualcosa che ha a che fare con l’oroscopo» e ancora: «La pandemia ha colpito i miei familiari. Ho visto con i miei occhi gli effetti. Propongo visite guidate nei reparti di terapia intensiva. Non saremo mai cattivi. Ai selvaggi non augureremo mai quel dolore». Alla stampa e ai media il compito di sfuggire alle codificazioni stereotipate dei fatti magari ricorrendo all’aiutino, come in questo caso, degli studiosi.

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